"Passando per la valle del pianto la cambia in una sorgente;
anche la prima pioggia l'ammanta di benedizioni."
Sal 84,7

sabato 5 febbraio 2011

Testimonianze di lotta contro il cancro

Carissimi lettori, se siete interessati, cliccate sul link "Testimonianze" che troverete qui sotto, vi porterà sul sito dell'AIRC.
Qui troverete pagine di vita di persone che hanno lottato contro il cancro.


fonti tratte da www.airc.it



venerdì 4 febbraio 2011

Storia dei Carmelitani



VIVERE NELL’OSSEQUIO DI GESU’ CRISTO
E LUI SOLO SERVIRE CON CUORE  PURO E RETTA COSCIENZA

L'Ordine dei Carmelitani ha le sue origini nel Monte Carmelo, in Palestina, dove, come ricorda il II Libro dei Re, il grande profeta Elia operò in difesa della purezza della fede nel Dio di Israele, vincendo la sfida con i sacerdoti di Baal e dove lo stesso profeta, pregando in solitudine, vide apparire la nuvola apportatrice di benefica pioggia dopo la secca. Da sempre questo monte è stato considerato il giardino verdeggiante della Palestina e simbolo di fertilità e bellezza. "Karmel" infatti significa "giardino".

Nel secolo XII (forse dopo la terza crociata, 1189-1191) alcuni penitenti-pellegrini, provenienti dall'Europa, si raccolsero insieme presso la "fonte di Elia", in una delle strette vallate del Monte Carmelo, per vivere in forma eremitica e nella imitazione del profeta Elia la loro vita cristiana, nella terra stessa del Signore Gesù Cristo. Allora e dopo i Carmelitani non riconobbero a nessuno in particolare il titolo di fondatore, rimanendo fedeli al modello Elia legato al Carmelo da episodi biblici e dalla tradizione patristica greca e latina, che vedeva nel profeta uno dei fondatori della vita monastica. Costruitasi una chiesetta in mezzo alle celle, a dedicarono a Maria, Madre di Gesù, sviluppando il senso di appartenenza alla Madonna come a Signora del luogo e a Patrona, e ne presero il nome, "Fratelli di Santa Maria del Monte Carmelo".

Il Carmelo è così profondamente legato ad Elia e a Maria. Dal profeta ha ereditato la passione ardente per il Dio vivo e vero e il desiderio di interiorizzarne la Parola nel cuore per testimoniarne la presenza nel mondo; con Maria, la Vergine Purissima Madre di Dio, si impegna a vivere "nell'ossequio di Gesù Cristo" con gli stessi sentimenti di intimità e profondità di legame che furono quelli di Maria.

Questo gruppo di eremiti laici per avere una certa stabilità giuridica si rivolse al Patriarca di Gerusalemme, Alberto Avogadro (1150-1214), risiedente allora a San Giovanni d'Acri, nei pressi del Monte Carmelo. Questi scrisse per loro una norma di vita, tra il 1206-1214. Successive approvazioni di questa norma di vita da parte di vari papi aiutarono il processo di trasformazione del gruppo verso un Ordine Religioso, cosa che avvenne con l'approvazione definitiva di tale testo come Regola da Innocenzo IV nel 1247. L'Ordine del Carmelo fu così inserito nella corrente degli Ordini Mendicanti.

Verso il 1235 però i Carmelitani dovettero in parte abbandonare il luogo d'origine, a causa delle incursioni e persecuzioni dei saraceni che stavano riconquistando la Terra Santa, riprendendola ai crociati. Ritornarono per lo più ai paesi di origine in Europa.Ben presto si moltiplicarono e fiorirono nella scienza e nella santità. Col tempo si affiancarono ai frati alcune donne, trasformandosi nel 1452 in monache viventi in proprie comunità.

Nei secoli XV-XVI ci fu un rilassamento in diverse comunità, combattuto dall'opera di Priori Generali quali il Beato Giovanni Soreth (+1471), Nicola Audet (+1562) e Giovanni Battista Rossi (+1578) e di alcune riforme (tra cui quelli di Mantova e Monte Oliveti in Italia e di Albi in Francia) per porre freno al dilagare degli abusi e delle mitigazioni. La più nota è certo quella promossa in Spagna da Santa Teresa di Gesù per la riforma tra le monache e poi quella dei frati, coadiuvata da San Giovanni della Croce e da Padre Gerolamo Gracián. L'aspetto più rilevante di questa azione di Teresa è non tanto l'aver combattuto le mitigazioni introdotte nella vita del Carmelo, quanto piuttosto l'aver integrato nel suo progetto elementi vitali ed ecclesiali della sua epoca. Nel 1592 questa riforma, detta dei "Carmelitani Scalzi" o "Teresiani" si rese indipendente dall'Ordine Carmelitano ed ebbe grande sviluppo nelle due congregazioni di Spagna e di Italia, riunite poi nel 1875. Si hanno così due Ordini del Carmelo: quello dei "Carmelitani", detti anche dell'"Antica Osservanza" o "Calzati", e quello dei "Carmelitani Scalzi" o "Teresiani", che considerano Santa Teresa di Gesù come loro riformatrice e fondatrice. Malgrado questa divisione, nei secoli successivi l'Ordine Carmelitano continuò nel suo cammino spirituale. Numerosi religiosi e religiose illustri hanno animato il Carmelo con la loro spiritualità e con il loro genio. Grande sviluppo si ebbe anche tra i laici con l'istituzione del Terz'Ordine Carmelitano e delle Confraternite dello Scapolare del Carmine in varie parti del mondo. Nei secoli XVII e XVIII si sparse un po' dovunque il movimento della più stretta osservanza con la Riforma di Touraine in Francia, e con quelle di Monte Santo, Santa Maria della Vita, Piemonte, e Santa Maria della Scala in Italia.

All'alba della Rivoluzione Francese l'Ordine Carmelitano era ormai stabilito in tutto il mondo con 54 Province e 13,000 religiosi. Ma con le conseguenze della Rivoluzione Francese e delle soppressioni in varie parti del mondo l'Ordine Carmelitano subì gravi danni, così che alla fine del XIX secolo fu ridotto a 8 Province e 727 religiosi. Eppure furono questi pochi religiosi che durante il XX secolo, con determinazione e coraggio, hanno ristabilito l'Ordine in quei paesi dove erano presenti prima, e hanno anche impiantato l'Ordine Carmelitano in nuovi continenti.


Notizie tratte dal sito ufficiale dell’ordine Carmelitano www.ocarm.org

Bibbia alla mano, anzi all'unghia

La Bibbia più piccola di un'unghia. L'esemplare è stato esposto in Germania  ad una mostra della Bibbia. In realtà la Bibbia più piccola è delle dimensioni della capocchia di uno spillo, 300mila parole racchiuse in un microchip di circa mezzo millimetro quadrato. Quella nella foto è sull'unghia di un dipendente della Casa della Bibbia a Dresda, Germania. Il modello contiene la preghiera del Padre Nostro in 12 lingue ed è stato presentato nell'ambito della mostra "Storia e diffusione della Bibbia", alla fine di Settembre 2010 nella città tedesca di Dresda.

Superfluo sottolineare che per leggere la preghiera ci vuole la lente d'ingrandimento.



Fonte di riferimento  ICN News


Il cuore dell'uomo



...Pillole per lo spirito.......

...Vi era un giorno, tantissimi anni fa, un ragazzo che non era contento della vita che stava facendo, sentiva che gli mancava qualcosa ma non capiva bene cosa....
Incontrò un mago e gli disse: "Basta! sono davvero stufo! vorrei diventare un coniglio, così da poter correre veloce e scappare e non avere problemi!"
Il mago accontentò la sua richiesta.
Dopo soli pochi giorni il coniglio si presentò al mago e gli disse: "Per favore, ho sbagliato, sono talmente piccolo che nessuno si accorge di me, quei pochi che si sono accorti di me hanno cercato solo di catturarmi! Fammi diventare un leone, così che possa splendere in bellezza e forza!"
Il mago, un pò seccato, accontentò la sua richiesta.
Dopo qualche giorno il leone si presentò al mago e disse: "Perdonami, ma anche stavolta credevo di dare una svolta alla mia vita ma nemmeno in questi panni riesco! La gente scappa da me!!!"
Il mago lo fece ritornare uomo e gli disse: "Hai cambiato esteriormente il tuo aspetto e come vedi non è servito, hai mai pensato di cambiare modo di vivere?"

Puoi cambiare esteriormente ma ciò che deve cambiare è il tuo cuore

giovedì 3 febbraio 2011

3 Febbraio, San Biagio: Che significato ha il gesto di benedizione alla gola con le candele?

Carissimi lettori, oggi 3 febbraio ricorre la memoria di S. Biagio con la tradizionale benedizione alla gola.
Molti di voi si saranno chiesti qual'è il significato di tale gesto, qui in breve cercherò di rispondere alla vostra domanda:


"Per intercessione di San Biagio, Vescovo e Martire, Dio ti liberi dal mal di gola e da ogni altro male. Nel nome del Padre e del Figlio + e dello Spirito Santo. Amen"

Questa benedizione viene impartita dunque usando due candele benedette (secondo il costume di alcuni luoghi) nel giorno precedente, cioè per la festa della Candelora. Comunemente, però, le candele usate per la benedizione della gola vengono benedette il giorno stesso con un formulario apposito: la Benedizione delle candele nella festa di San Biagio Vescovo e Martire






Ecco ciò che afferma Carlo Lapucci con un articolo su Toscana Oggi: Un tempo tutti i bambini dovevano essere benedetti a San Biagio. Forse anche gli adulti, in tempi più recenti, non sapevano più il perché, ma era rimasto, conscio o inconscio, il ricordo di una malattia della gola, spesso mortale, che attaccava soprattutto i bambini: la difterite. Fino ai primi dell’Ottocento fu confusa con altre malattie della gola. Era detta con un termine generico, ora obsoleto, squinzania, che indicava diverse affezioni morbose della gola: dalla semplice infiammazione della faringe a quella che veniva chiamata soffocazione, anche velo perché la gola cominciava a velarsi, e placche, perché sul palato si formavano placche le quali, moltiplicandosi,
portavano all’impossibilità di respirare. Quando si presentava il mal di gola in un bambino, cosa assai frequente in inverno (intorno alla festa del Santo), la famiglia tremava fino alla sua guarigione, perché si sapeva come poteva finire. Si comprende bene come la disperazione nei secoli spingesse a cercare protezione da una malattia inesorabile che colpiva soprattutto gli esseri più deboli e amati della famiglia.

Adesso, anche se abbiamo la vaccinazione e tanti altri rimedi, continuiamo ad affidarci alla provvidente benedizione di Dio, facendo memoria del nostro passato, confidando con tutta la nostra fiducia nel Padre e, magari, aiutando concretamente quanti, nei paesi più arretrati, hanno bisogno che tanti fratelli cristiani, in onore di san Biagio, li aiutino a combattere le malattie che il benessere (non goduto da tutti) ha sconfitto.

Testo tratto da Cantuale Antonianum 

mercoledì 2 febbraio 2011

Il Significato del Tau nella Tradizione Francescana




Il Tau nella tradizione francescana

Molti di noi portano al collo il Tau simbolo francescano, esso non è un simbolo estetico di appartenenza, ma un simbolo di essenza. Sarei grato a chi aggiungesse altri dati e riflessioni sul tau per dare il giusto peso, valore e significato. 

Il Tau è una lettera degli alfabeti greco ed ebraico corrispondente alla nostra T.
Fin dai primi tempi della Chiesa cristiana il Tau venne assunto come segno di particolare devozione per divenire, con S. Francesco d’Assisi, supporto di una vera e propria mistica.

Il motivo della importanza di questa lettera si trova nel Vecchio Testamento, al celebre testo di 

Ezechiele (9, 4): «Va attraverso la città, va attraverso Gerusalemme e traccia il segno del Tau sulla fronte di quegli uomini che sospirano e gemono a causa degli abomini che ivi si commettono».
Questo passo era stato commentato da tutti i Padri della Chiesa ed era frequentemente sviluppato nelle prediche del medioevo, rendendo così il Tau ed il suo significato molto diffuso tra il popolo. Il fervore popolare vedeva in questo segno un mezzo miracoloso per essere preservati dalle malattie. Nel medioevo, si portava il Tau sull’anello al dito o come amuleto al collo. Lo si disegnava su pergamene, lo si dipingeva sugli stipiti delle porte contro la peste. 
Nel Nuovo Testamento, Giovanni parla del Tau, senza citarne il nome, nel libro dell’Apocalisse (7, 2-14, 1-7), che presenta gli eletti come segnati sulla fronte dal Sigillo dell’Agnello, impresso da un angelo venuto dall’Oriente. 

Con San Francesco d’Assisi il Tau assume il significato che oggi riconosciamo in questo simbolo. San Francesco utilizzava con frequenza, a scopo di devozione, il Tau: «Familiare gli era la lettera Tau, con la quale firmava i biglietti e decorava le pareti delle celle» (3 Cel. 3, 828). Con tale sigillo, San Francesco firmava le sue lettere ogni qualvolta, per necessità o per spirito di carità, inviava qualche suo scritto (3 Cel. 159, 980). Su se stesso, infine, San Francesco tracciava il segno del Tau per consacrare le sue azioni al Signore. Celano in questo modo racconta la visione di fra Pacifico: «Scorse con gli occhi della carne sulla fronte del beato Padre una grande lettera Tau che risplendeva di aureo fulgore» (3 Cel. 3, 828). San Francesco adottò il Tau come distintivo per se stesso per la forma stessa di questa lettera, la cui grafia è quella di una Croce. Nessun segno che ricordasse il Cristo era di poco conto agli occhi di Francesco. Così venerava il Tau, che gli richiamava l’amore per il Crocifisso. Questo comportamento acquista una particolare importanza se considerato in un’epoca in cui esistevano forti correnti eretiche che rifuggivano da questo stesso segno.

Molto probabilmente, Francesco fu influenzato nella sua attenzione verso il Tau da un discorso di Papa Innocenzo III, tenuto l’11/11/1215, in apertura del IV Concilio Lateranense. Il Papa, facendo propria la parola di Dio al profeta Ezechiele, si rivolse a ciascun membro del Concilio: «Segnate con il Tau la fronte degli uomini, segnateli con la forma della Croce prima che fosse posto il cartello di Pilato. Uno porta sulla fronte il segno del Tau se manifesta in tutta la sua condotta lo splendore della Croce; si porta il Tau se si crocifigge la carne con i vizi ed i peccati, si porta il Tau se si afferma: di nessun altro mi voglio gloriare se non della Croce di Nostro Signore Gesù Cristo. Siate dunque campioni del Tau e della Croce». È probabile che Francesco, presente a quel Concilio in cui fu approvata la Regola Francescana, volle, per obbedienza al Papa, segnare se stesso con il Tau della penitenza e, segnando i suoi frati, richiamare le esigenze della vocazione. 

Analizzando il contenuto spirituale del Tau in San Francesco, si distinguono quattro grandi temi essenziali per la fede e la mistica francescana.
1) Il Tau è salvezza.
Nessuno può essere salvato se non è "segnato" con il Tau, o, più in generale, con una Croce. Francesco vedeva in questo segno una nuova certezza di salvezza. Il giorno in cui si accorse che frate Leone era assalito dal dubbio sul suo destino eterno, Francesco disegnò la lettera del Tau e gli restituì la speranza.
2) Il Tau è salvezza attraverso la Croce.
Alla salvezza si giunge attraverso il battesimo nel sangue di Cristo, sparso sulla Croce. Tale è il mistero di ogni Croce e del segno del Tau. San Francesco prega: «Ti adoriamo, o Cristo, e ti benediciamo perché con la Tua Santa Croce hai redento il mondo». La spiritualità del Tau è la spiritualità della Croce, cioè dell’amore di Cristo, morto per noi sulla Croce. 
3) Il Tau è salvezza attraverso la penitenza.
Se la Croce porta salvezza, è necessario rinnovare quotidianamente il mistero della Croce in noi stessi, portando ogni giorno la Santa Croce del Signore Nostro Gesù Cristo. Questa è la crociata del Tau, predicata da San Francesco, costituita non da armati per conquistare Gerusalemme, ma da uomini penitenti venuti da Assisi per predicare a tutti: «Fate penitenza, fate frutti degni di penitenza». Come Gesù aveva detto «Chi vuole seguirmi deve portare la Croce», così Francesco si rivolge a noi tutti dicendo «Chi vuole seguirmi deve essere segnato con il Tau, che ha la forma di una Croce». 
4) Il Tau è segno di vita e vittoria.
La liturgia del tempo di Francesco fornisce al Tau gli stessi attributi che venivano dati alla Croce: «Est Tau vivifico insignitus... crucifixi servulus». Frequente, anche, a quel tempo, era considerare il Tau come segno di vittoria. San Francesco non avrebbe potuto non cantare la sua gioia di essere stato salvato: «Io non mi voglio gloriare se non nella Croce del Nostro Signore» (Fior. 8, 1836).





Testo tratto da: Parrocchia San Francesco (Trapani)

Messaggio del Santo Padre per la 45a giornata delle comunicazioni sociali

Carissimi, ecco il messaggio di Benedetto XVI sulle comunicazioni sociali, cliccando sul link qui sotto potete leggerlo dal sito Vaticano. Pace.

Verità, annuncio e autenticità di vita nell’era digitale 5 giugno 2011

martedì 1 febbraio 2011

Vita di Santa Gemma Galgani

Carissimi, ecco qui un bel filmato che in breve narra la storia di Santa Gemma Galgani, la mistica santa lucchese, girato proprio nei luoghi dove Gemma ha vissuto. Auguro a tutti voi buona visione!



La Vita di Gemma

«Amore vuole amore; fuoco vuole fuoco». Sono parole di una modesta fanciulla, piccola borghese, nata in provincia dal dott. Enrico Galgani, farmacista del paese, a Camigliano.
Gemma bambinaApparenze più che normali, banali, dietro le quali si nasconde una santa straordinaria: una mistica in continuo, affettuoso colloquio con Gesù; una contemplativa che prega con la semplicità di un fanciullo e la penetrazione di un teologo; che supera, sorridendo, le difficoltà più terribili, lasciandosi semplicemente guidare dal suo Angelo Custode. Un’anima candida che, fin da bambina, annota sui quadernucci di scuola i pensieri e le preghiere di ogni giorno, col proposito di una vita sempre più immacolata.
Parla con il suo Angelo Custode e gli dà anche incarichi delicati, come quello di recapitare a Roma la corrispondenza con il suo direttore spirituale. «La lettera, appena terminata, la do all’Angelo – ella scrive –. È qui accanto a me che aspetta». E le lettere, misteriosamente, giungevano a destinazione senza passare attraverso le Poste del Regno.
Presto Gemma rimane orfana, quasi abbandonata, nella più squallida miseria.Ritratto su telaMalata, si riduce in fin di vita, ma viene sanata miracolosamente. La chiamano, nella Città cinta dalle mura alberate, «la ragazzina della grazia». Presto si viene a sapere che i suoi guanti neri e il suo abito scuro e accollato nascondono i sigilli della Passione. Queste stigmate si aprono, dolorose e sanguinanti, ogni settimana, la vigilia del venerdì.
Accolta come una figlia in una casa devota e agiata, quella del cav. Matteo Giannini, vi conduce vita ritirata, tra casa e chiesa. Ma le strepitose manifestazioni della sua santità superano le mura della casa borghese. Opera conversioni, predice avvenimenti, cade in estasi. In preghiera, suda sangue; sul suo corpo, oltre ai segni dei chiodi, appaiono le piaghe della flagellazione.
Davanti a lei gli scienziati non riescono a nascondere il loro imbarazzo. Perfino qualche direttore spirituale non sa come giudicare la straordinaria fanciulla: la sospettano di mistificazione, parlano d’isterismo o di suggestione, chiedono prove, esigono obbedienza.
Soltanto lei, Gemma Galgani, in mezzo ai dolori fisici e alle prove morali, non dice nulla, o meglio, dice sempre sì. Non chiede nulla, o meglio, chiede a Gesù, per sé, più dolore, ancora dolore, sempre più dolore. E, per gli altri, chiede la conversione e la salvezza.
Era un sabato santo, nell’anno 1903, quando Gemma Galgani moriva, a 25 anni, divorata dal male, ma chiedendo, fino all’ultimo, ancora dolore.
Piero Bargellini da «I Santi del giorno»

Senza rimorsi: amore, sesso, castità

FuocoAcceso: Senza rimorsi: amore, sesso, castità:
"Vi propongo questo video di due fidanzati americani (ora sposati) che parlano ad altri giovani di amore, sesso e castità..."

FuocoAcceso: Destino o responsabilità?

FuocoAcceso: Destino o responsabilità?: "Come ci ricorda la Scrittura, per un cristiano non esiste un destino eterno già prestabilito. Siamo noi che scegliamo attraverso l'uso dell..."

Lettera Apostolica sul senso cristiano della sofferenza umana

Carissimo/a, ecco qui la lettera apostolica di Giovanni Paolo II, Salvifici doloris, sul senso cristiano della sofferenza. Un autentico capolavoro.
Buona lettura.

Enzo.

SALVIFICI DOLORIS, Giovanni Paolo II

lunedì 31 gennaio 2011

Libro di Tobia, cap.11

1 Quando furono nei pressi di Kaserìn, di fronte a Ninive, Raffaele disse: 2"Tu sai in quale condizione abbiamo lasciato tuo padre.3Corriamo avanti, prima di tua moglie, e prepariamo la casa, mentre gli altri vengono". 4E s'incamminarono tutti e due insieme. Poi Raffaele gli disse: "Prendi in mano il fiele". Il cane, che aveva accompagnato lui e Tobia, li seguiva. 5Anna intanto sedeva scrutando la strada per la quale era partito il figlio. 6Quando si accorse che stava arrivando, disse al padre di lui: "Ecco, sta tornando tuo figlio con l'uomo che l'accompagnava". 7Raffaele disse a Tobia, prima che si avvicinasse al padre: "Io so che i suoi occhi si apriranno. 8Spalma il fiele del pesce sui suoi occhi; il farmaco intaccherà e asporterà come scaglie le macchie bianche dai suoi occhi. Così tuo padre riavrà la vista e vedrà la luce". 9Anna corse avanti e si gettò al collo di suo figlio dicendogli: "Ti rivedo, o figlio. Ora posso morire!". E si mise a piangere.

10Tobi si alzò e, incespicando, uscì dalla porta del cortile. 11Tobia gli andò incontro, tenendo in mano il fiele del pesce. Soffiò sui suoi occhi e lo trasse vicino, dicendo: "Coraggio, padre!". Gli applicò il farmaco e lo lasciò agire, 12poi distaccò con le mani le scaglie bianche dai margini degli occhi. 13Tobi gli si buttò al collo e pianse, dicendo: "Ti vedo, figlio, luce dei miei occhi!". 14E aggiunse: "Benedetto Dio! Benedetto il suo grande nome! Benedetti tutti i suoi angeli santi! Sia il suo santo nome su di noi e siano benedetti i suoi angeli per tutti i secoli. Perché egli mi ha colpito, ma ora io contemplo mio figlio Tobia". 15Tobia entrò in casa lieto, benedicendo Dio con tutta la voce che aveva. Poi Tobia informò suo padre del viaggio che aveva compiuto felicemente, del denaro che aveva riportato, di Sara, figlia di Raguele, che aveva preso in moglie e che stava venendo e si trovava ormai vicina alla porta di Ninive.
16Allora Tobi uscì verso la porta di Ninive incontro alla sposa di lui, lieto e benedicendo Dio. La gente di Ninive, vedendolo passare e camminare con tutto il vigore di un tempo, senza che alcuno lo conducesse per mano, fu presa da meraviglia. Tobi proclamava davanti a loro che Dio aveva avuto pietà di lui e che gli aveva aperto gli occhi. 17Tobi si avvicinò poi a Sara, la sposa di suo figlio Tobia, e la benedisse dicendole: "Sii la benvenuta, figlia! Benedetto sia il tuo Dio, che ti ha condotto da noi, figlia! Benedetto sia tuo padre, benedetto mio figlio Tobia e benedetta tu, o figlia! Entra nella casa, che è tua, sana e salva, nella benedizione e nella gioia; entra, o figlia!". 18Quel giorno fu grande festa per tutti i Giudei di Ninive. 19Anche Achikàr e Nadab, suoi cugini, vennero a congratularsi con Tobi.