"Passando per la valle del pianto la cambia in una sorgente;
anche la prima pioggia l'ammanta di benedizioni."
Sal 84,7

sabato 26 febbraio 2011

Il santo dei giovani: San Gabriele dell'Addolorata, 27 febbraio

UN GRANDE SANTO, S.GABRIELE DELL'ADDOLORATA PASSIONISTA

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Patrono degli studenti, dei giovani e dei chierici
Ciao e benvenuto in questo sito dedicato alla diffusione della devozione a San Gabriele dell’Addolorata.
Il santo dei giovani, il santo dei miracoli, il santo del sorriso: con questi tre appellativi è conosciuto San Gabriele dell’Addolorata.
La scelta della vita religiosa per lui fu radicale fin dall’inizio. Aveva trovato finalmente la sua felicità. Scriveva ai familiari: “La mia vita è una continua gioia. Non cambierei un quarto d’ora di questa vita“.
La sua fu una vita semplice, senza grandi gesta, contrassegnata dall’eroicitàd el quotidiano, che viveva da innamorato del Crocifisso e della Madonna. San Gabriele è il santo dei miracoli, invocato in ogni parte del mondo come potente intercessore presso Dio. Sulla sua tomba continuano ad accadere numerosi prodigi e sono tanti coloro che raccontano grazie e guarigioni da lui ottenute. Si contano a migliaia gli ex voto portati dai devoti al santuario in segno di riconoscenza.
San Gabriele è il santo del sorriso. Seppe vivere sempre con gioia ed entusiasmo la sua esistenza. Né le varie sofferenze della sua vita, né la morte in giovane età riuscirono a spegnere il suo sorriso.


San Gabriele dell'Addolorata
San Gabriele dell'Addolorata
San Gabriele fu conosciuto nel mondo come Francesco Possenti, figlio di un professionista di rispettata famiglia. Francesco è cresciuto, vivendo la vita di un tipico adolescente, amava la danza , la caccia, e le ragazze, ma sentiva che nella sua vita mancava ancora qualcosa. Si rivolse a Gesù e alla sua Madre Addolorata e sentì interiormente la chiamata alla vita religiosa Passionista. Come Passionista è cresciuto di giorno in giorno nell’amore di Nostro Signore e di Maria, da lui venerata sotto il titolo diAddolorata , bruciando le tappe della santità e raggiundo in poco tempo la perfezione della virtù cristiana.
Morì di tubercolosi alla giovane età di 24 anni.
San Gabriele che così rapidamente da una vita mondana conformò indissolubilmente la sua vita alla Passione di Nostro Signore, ci mostra che chiunque, con un pizzico di coraggio, può aspirare alle più alte vette della santità.
San Gabriele. Prega per noi!
San Gabriele Francesco Possenti della Madonna Addolorata cp
Nato: 1 ° marzo 1838
Professione religiosa: 22 settembre 1857
Morto: 27 febbraio 1862
Venerato: 14 maggio 1905
Beatificato: 31 maggio 1908
Canonizzato: 13 maggio 1920

Fonte Tratta da www.sangabriele.wordpress.com

venerdì 25 febbraio 2011

Storia dell'abito francescano (il saio)

Il Saio di San Francesco d'Assisi


Procedendo con la Storia dell'Ordine francescano, è necessaria e opportuna una breve sosta sulla diversità dell'abito attuale delle varie "famiglie", perché essendo la prima cosa che balza all'occhio di chi accosta i Francescani, suscita, insieme, imbarazzo e curiosità, provocando interrogativi a ripetizione.

In Assisi, dove gli abiti storici e canonici sono "di casa", ma spesso messi a confronto tra loro e, oggi, anche con altri, sia pure con qualche variante, adottati per scelta personale e provvisoria anche da istituzioni nuove, con ambizione di essere francescani o "più" francescani, quello dell'abito è un problema che merita subito un chiarimemo.

Come evidente, nessuna delle attuali "famiglie francescane", per colore e per forma indossa l'abito di Francesco e dei suoi primi compagni, che fu a croce e dilana non colorata, ma intessuta a fili alternati bianchi e neri, con il risultato di uncolore grigio o cenerino, che rimase prescritto per tutti, sino a circa la metà del sec. XVIII.
Anzi, data la difficolta di provvedere in quantità sufficiente e continua stoffa di tal colore e tessitura, ad un certo momento, per gli Osservanti e i Cappuccini fu ordinato che ogni Provincia erigesse un proprio "lanificio", allo scopo di conseguire ogni possibile uniformità.

Fra i Minori Conventuali, nella seconda metà del Settecento, è documentata una certa tendenza al nero, benché le loro "Costituzioni Urbane", anche nell'edizione del 1803 impongano il colore cenerino.
Tale prescrizione scomparirà nella successiva edizione del 1823, anche perché la"soppressione napoleonica", avendo estinto le corporazioni religiose, costringendo i suoi membri ad assumere la talare nera del clero secolare, aveva generalizzato tale colore, che i Conventuali mantennero anche quando le mutate condizioni politiche avrebbero consentito di riprendere il colore tradizionale del loro abito francescano.
Oggi, il cenerino è generalmente adottato dai missionari Conventuali, fra i quali non manca una certa simpatia per un ritorno a quei colore.

Saio dei Frati Minori Conventuali


Per i Frati Minori Osservanti il passaggio dal cenerino al marrone, iniziato in Francia nella seconda metà dell'Ottocento, verrà prescritto per l'intera "famiglia"con le costituzioni elaborate nel capitolo di Assisi del 1895, allorché Leone XIIIaveva riunito nei Frati Minori le diverse famiglie dell'Osservanza («Il colore artificiale dei vestimenti esterni somigli al color della lana naturalmente nericcia, tendente al rosso, colore che in italiano si chiama marrone, e in francese marron»).

Frate Minore

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Per i Frati Minori Cappuccini, che in qualche modo avevano seguito l'evoluzione verificatasi fra gli Osservanti, anche per ovviare a qualche difformità, nel 1912 fu stabilito che il colore dell'abito dovesse essere castagno, praticamente ancora simile a quello adottato dai Frati Minori, ma temperato da una lieve sfumatura verso il gialliccio («... colorem debere esse castaneum: italice castagno, gallice marron, anglice chestnut, germanice kastanienbraun, hyspanice castano»).
Quanto alla forma, va riconosciuto ai Frati Minori Cappuccini il merito di indossare, oggi, la tonaca più vicina all'abito di S. Francesco.

Frate Cappuccino con mantello. Si noti il particolare del cappuccio da cui deriva il nome


***
Il saio di Francesco d'Assisi
Nella Regola non bollata (1221Francesco prescrive: 
«E tutti i frati portino vesti umili e sia loro concesso di rattoppare con stoffa di sacco e di altre con la benedizione di Dio, poiché dice il Signore nel Vangelo: "Quelli che indossano abiti preziosi e vivono in mezzo alle delizie e quelli che portano morbide vesti stanno nei palazzi dei re".
E anche se sono tacciati da ipocriti, tuttavia non cessino di fare il bene; né cerchino vesti preziose in questo mondo perché possano avere una veste nel regno dei cieli»
 (Regola non bollata, cap. II).

Nella Leggenda perugina (n. 110) si legge:
«La sorella allodola ha il cappuccio come i religiosi.
Ed è un umile uccello che va volentieri per le vie in cerca di qualche chicco (…).
E volando loda il Signore proprio come i buoni religiosi che, avendo in spregio le cose mondane, vivono già in cielo.
La veste dell’allodola, il suo piumaggio cioè, è color terra. Così essa dà esempio ai religiosi a non cercare abiti eleganti e fini, ma di tinta smorta, come la terra»
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Il saio cinerino di Francesco (lo si può ammirare nella "Sala delle Reliquie", presso la Basilica di S. Francesco in Assisi), rattoppato sino all’inverosimile, ricorda la dura scelta fatta dal Santo.
Esso è simbolo della doppia scelta evangelica della povertà materiale e della minorità sociale.
La povertà materiale avvantaggiava l'affidamento totale a Dio, la minorità sociale realizzava lo spirito di solidarietà amorosa promotiva degli ultimi della società.

Francesco amava la forma di croce del proprio saio: indossandolo si sentiva entrare nel mistero del Dio Crocifisso, rivelazione suprema del Dio-Amore del Vangelo cristiano.

Riferendosi all’abbigliamento del Santo assisiate, il quattrocentesco minorita padreGiacomo Oddi riferisce:
«(...) lo vestimento vile et povero che (S. Francesco) usò dal principio de la sua conversione per fine alla fine. 
Solamente (avea) la thonica habituale et la corda et le mutande; et sempre se gloriava nella penuria de le cose che non avea.
Quale fo l’abito che pigliò santo Francesco, la Ligenda antica lo dechiara; inperò che dice, como santo Francesco fo amaestrato da Christo, che fosse conforme ad lictera, a lictera, alla croce.
Unde esso santo Francesco ansengnò et dechiarò la mesura circa a la forma de la longheza et de la largheza et qualità de l’abito et quanto alla viltà et colore a frate Bernardo, a frate Egidio et frate Masseo et a l’altri suoi conpagni, sì como riferivano puoi alli frati, et così per opere ne rendevano testimonianza.
Quanto a la materia dicevano che voleva essere de panno vile et grosso; de colore de cenere, o vero palido, o vero de colore de terra, acciò che represente la mortificatione del corpo del nostro Signore Yhesu Christo; et de tanta grossezza che possa tenere alquanto caldo; et che possa al frate sano bastare una tonica dentro et de fore repezata, chi vole, como dice la regola, et de tanta longezza che, essendo cinta senza alcuna piegha sopra la corda, non tocche la terra.
La longezza de le maniche, comunemente, per fine a la ponta de li deti, et la largezza d’esse maniche sieno per tale modo, che le mane possano entrare et uscire liberamente. Lo capuccio quadro et de tanta longheza, che copra la faccia.
Et così represente la croce: et la sua vilità et desprezzo prediche ad omne humana gloria, et demostre lo frate Menore crocefixo et morto al mondo per amore del nostro Signore Yhesu Christo
» (G. OddiLa Franceschina, vol. I, p. 183).


Fonte tratta da www.sanfrancesco.com

giovedì 24 febbraio 2011

Storia della Congregazione dei Concezionisti

Congregazione dei Figli dell'Immacolata Concezione: I Concezionisti







 
Origine dell'Istituto
L'8 settembre 1857 nasceva in Roma la Congregazione dei Figli dell'Immacolata Concezione. Il suo Fondatore, il Servo di Dio Padre Luigi Monti assegnò ai suoi religiosi, all'opera sua, una meta veramente sublime: nel nome della Vergine Immacolata servire Cristo vivente nella persona dell'infermo e dell'orfano.
Padre Luigi Monti ebbe i suoi natali in Bovisio (Milano), il 24 luglio 1825, e chiuse la sua operosa giornata di buon samaritano la sera dell'ottobre 1900 a Saronno. Tutta la sua vita fu un palpito di amore per ì fratelli sofferenti nelle membra e nello spirito.
I Figli dell'Immacolata Concezione - detti anche Concezionisti - costituiscono una Congregazione religiosa composta di Fratelli sacerdoti e laici, per attuare in modo completo la loro missione sociale di carità. Essi formano un'unica famiglia con pari diritti e doveri, vivendo in comune la stessa Regola.
Spirito dell'Istituto
Scopo principale dei Concezionisti è la gloria di Dio e il bene delle anime e lo esercitano particolarmente nell'assistenza agli ammalati, nell'educazione della gioventù e nelle opere missionarie. Per ottenere questo la Congregazione offre ai suoi membri la possibilità di specializzarsi in vari campi del sapere: teologia, scienze, medicina, lettere, ecc. Attualmente la Congregazione opera con i suoi membri in una trentina di attività in Italia, Argentina, Canada, Africa.
Base dell'apostolato caritativo dei Concezionisti è la dedizione fraterna aggiornata con le più recenti specializzazioni della scienza e della tecnica, e lo spirito di famiglia che si manifesta particolarmente nel rapporto tra superiori e sudditi, tra gli stessi membri delle comunità, con gli assistiti e in ogni altra relazione umana.
La Congregazione considera suo massimo impegno promuovere nei propri membri lo sviluppo integrale della persona con una formazione religiosa apostolica, dottrinale e tecnica, adeguata agli scopi che professa ed al tempi che si vivono nella società e nella Chiesa. Questa formazione avviene nelle Scuole Apostoliche qualora i giovani entrino prima del 15° anno, a cui farà seguito il noviziato e un corso di studi superiori. Con tale preparazione la Congregazione intende rendersi sensibile alle esigenze della società e disponibile alle indicazioni della Chiesa, portando la propria azione nei settori e luoghi dove la società ne ha più bisogno.

 
Il Beato Luigi Maria Monti

L' URLO SILENZIOSO-Aborto- non dimentichiamoci la realtà....!

Tratto da www.cristolibera.blogspot.com

martedì 22 febbraio 2011

Il Volto Santo di Lucca, duomo S. Martino


IL VOLTO SANTO


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NOTIZIE -  L'OPERA D'ARTE -  FAMA  E TRADIZIONE


Un crocifisso  ligneo, raffigurante il Volto Santo, è la statua- reliquario venerata a Lucca, che si trova dinanzi al quarto altare della navata sinistra della cattedrale di San Martino, dentro la cappella, che fu costruita da Matteo Civitali con marmo di Carrara nel 1484.

Secondo l'antica leggenda di Leobino, il Volto Santo è stato scolpito da Nicodemo, uomo menzionato nel Vangelo di Giovanni, dopo la resurrezione e l’ascensione del Cristo.

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Il compito di effettuare questa scultura era stato dato a lui perché si voleva creare un crocifisso che avesse il vero volto di Gesù, e si pensava che Nicodemo fosse uno dei pochi che era in grado di scolpire un’opera così importante. Con il legno e con lo scalpello, aiutato più dalla grazia divina che dall’arte sua, scolpì il busto del Volto Santo. La sera, stanco, si addormentò, lasciando da scolpire la testa; al suo risveglio, però, il crocifisso era completato, poiché gli angeli durante la notte avevano lavorato per lui.Durante il periodo delle persecuzioni, Nicodemo ormai in punto di morte, affidò questa scultura a Isacaar, il quale la nascose nel sotterraneo di una grotta attigua alla casa di Seleucio per evitare che venisse danneggiato o rubato dai giudei.

Dopo Isacaar di generazione in generazione il Volto Santo fu sempre oggetto di venerazione, fino a quando il Vescovo Gualfredo lo ritrovò all’interno della grotta e decise di porlo dentro una nave adornata di molti ceri e lampade accese. Lo ricoprì di bitume, affidandolo alla Provvidenza e sperando che raggiungesse un paese dove molti popoli sarebbero accorsi per venerarlo.

La nave miracolosa senza vele e opera umana arrivò al porto di Luni.

Nel frattempo, una notte, un angelo apparve al Vescovo Giovanni di Lucca, dicendogli che doveva recarsi al Porto di Luni assieme ai suoi fratelli perchè lì avrebbe trovato una scultura molto importante raffigurante il vero Cristo in croce.

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Il Vescovo Giovanni, insieme al Clero e al popolo, si affrettò a raggiungere il porto di Luni. La barca, inizialmente spinta dalle onde, andava verso i Lunesi, ma poi per la potenza divina si recò verso i Lucchesi e da essi si fece prendere. I Lunesi, non essendo favorevoli al fatto che il Crocifisso si recasse a Lucca, diedero inizio ad una contesa, che si terminò con la decisione del Vescovo Giovanni di donare loro un’ampolla vitrea piena di sangue di Cristo.

L’ingresso trionfante del Volto Santo a Lucca avvenne nel 742, ed esso fu collocato nella Chiesa di San Martino, vicino alle porte nella navata di mezzogiorno.

L'OPERA D'ARTE

Analizzando l'opera d'arte vera e propria una prima annotazione da fare, è che questa rappresenta, per così dire, un caso anomalo, rispetto a tutte le altre statue riguardanti il tema del Cristo Crocifisso. Siamo infatti abituati a vederlo rivestito solo dal perizoma, ossia la fascia bianca alla vita che al momento della crocifissione indossava, con una corona di spine sul capo, con le gambe incrociate, con le mani trafitte da chiodi e con il corpo lasciato andare.     Esaminando invece le particolarità del Volto Santo, dal capo verso i piedi, numerose sono le differenze che osserviamo.

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Per quanto riguarda i capelli sono sciolti, lunghi ed hanno la divisa nel centro. Ha inoltre baffi e barba, quest'ultima divisa in due ciuffetti a coprire in parte la bocca, di cui restano comunque visibili le labbra. Il naso è molto lungo e aquilino. Particolarità della statua: gli occhi sono aperti e, girando intorno all'edicola nel quale è situato, essi ci seguono sia che ci troviamo in posizione frontale che laterale: questo in quanto "il tondo" degli occhi è fatto in polvere di vetro e il resto in lamina di argento. Gli occhi sono aperti in quanto la scultura vuole rappresentare il cosiddetto "Cristo Triumphans" cioè trionfante sulla morte nella resurrezione, mentre i Crocifissi che ci sono più noti sono del tipo "Cristo Patiens" cioè morto sulla croce.

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Intorno al collo vi sono inoltre dei piccoli fori di cui se ne attribuisce l'esistenza ad un qualcosa (probabilmente di stoffa e a forma di palmetta che è il simbolo della vita) che nel Medioevo gli veniva posto come collare ed appuntato con dei chiodini. La figura indossa un "colobium", cioè una particolare tunica con il quale si vestivano i sacerdoti nel periodo medioevale. Le pieghe sono esattamente simmetriche e le maniche, che arrivano fino ai polsi, hanno entrambe la stessa dimensione. Tale abito è legato in vita con un doppio nodo, altra tipica caratteristica sacerdotale. La tunica che arriva fino alle caviglie lascia comunque intravedere i piedi che, non incrociati, sono lasciati andare, paralleli e abbastanza lunghi.

Il materiale con il quale è stata fatta questa scultura è legno di noce e non di cedro del Libano come tante leggende ci dicono.

Vedendo il Volto Santo così a colpo d'occhio, per quanto riguarda le dimensioni, si nota immediatamente che esso è molto più grande rispetto a quelle di un uomo qualsiasi: questi presenta infatti le misure di 2 metri e 45 centimetri di altezza e 2 metri e settantacinque di larghezza. Pertanto, la scultura è molto più larga che alta e questo in quanto tutti i crocefissi, sia scolpiti che dipinti, vengono sempre ideati per avere una collocazione in alto e, al fine di mantenerne le proporzioni, le dimensioni sono sicuramente diverse.

Proseguendo la nostra analisi va chiarito il motivo del sorprendente colore scuro del viso e delle mani ed invece il colore molto più chiaro dei piedi. Certamente quest'ultimo, era in origine il colore di tutta la statua, poi scurita dal fumo dei ceri e del tempo. Conosciamo infatti da fonti scritte che il crocifisso in passato era sempre illuminato da candele che, nel bruciare, affumicavano il legno. Dobbiamo ora sapere che il tempio, in cui si trova ora protetto il Cristo, viene aperto due volte l'anno: il 3 di maggio e il 13 settembre che è la festa della Croce. I fedeli che per devozione sfiorano i piedi della scultura, ne rimuovono la "fuliggine", mantenendo così la colorazione originale. Del resto sappiamo che, per quanto riguarda il volto e le mani, sebbene sia stata più volte chiesta l'autorizzazione da parte della Soprintendenza ad effettuarne il restauro, il Clero non dà la possibilità di toccarlo in alcun modo.

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Riguardo ai caratteri somatici del viso, si sa che il tutto è avvolto da un alone di mistero che continua a persistere. Fino al 1921 d'altronde il Volto Santo veniva addobbato e mostrato al pubblico solo per due volte l'anno. Da ciò deriva che gli studi che sono stati fatti siano molto recenti e su questi molti critici continuano a dibattere e a cercare documenti per capire la provenienza e le origini di questo crocifisso.

Spostandosi lateralmente, la scultura appare quasi concava. Ancor di più è messa in rilievo la posizione del capo che, rivolto verso destra, è chinato verso il basso: da ciò si trae la conclusione che in origine doveva essere collocato molto in alto. Dietro la nuca vi è stato trovato un cassettino dove probabilmente, secondo l'unica leggenda che ci è stata tramandata, "la leggenda di Leobino" vi era una reliquia, di cui però non possiamo avere l'assoluta certezza. L'unica cosa sicura è che questo è un Crocifisso reliquiario come quelli che ( pochissimi) venivano importati da Gerusalemme, dalla Palestina. Per quanto riguarda il colobium, che attualmente ci appare di color nero, sono state ritrovate delle tracce di rosso e pertanto si presuppone che il colore originale della tunica fosse questo, dato che, come già detto, questo, secondo l'uso del Clero, ha il simbolo del martirio.

La cupola in cui è contenuto il Volto Santo è decorata secondo il metodo cosiddetto a lisca di pesce. Secondo il Codice Tucci Tognetti, del XIII secolo ed attualmente conservato nella Biblioteca Statale di Lucca, non sarebbe comunque questa l'originale costruzione ma si parla di una cappella antecedente al 1100 a base quadrangolare, con il tetto a capanna, in marmo bicromo, bianco e nero, con all'interno un altare. Si pensa pertanto che nel 1100 il Volto Santo fosse già collocato nella cappella; al contrario non si conosce dove fosse in origine in quanto non si ha alcun documento a riguardo.

Di certo si sa che esso era attaccato a un muro e che successivamente il vescovo Anselmo da Baggio, che fu poi eletto papa Alessandro II, decise, nel corso della fervida restaurazione che compì nella cattedrale durante la sua carica, di porlo in una cappella.

FAMA E TRADIZIONE

L’immagine del Volto Santo iniziò a diffondersi anche lontano dalla città di Lucca grazie ai pellegrini e ai mercanti lucchesi, che viaggiando riuscirono a far conoscere la sua magnificenza a molti popoli. Sempre in questo periodo iniziarono la prime raffigurazioni della leggenda affrescate nelle cappelle delle famiglie nobili della città, ad esempio nella cappella della villa dei Buonvisi che si trova presso Monte San Quirico;

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anche nelle chiese iniziarono i primi affreschi e uno di essi lo possiamo
CORONA DEL VOLTO SANTO

trovare all’interno della Chiesa di San Frediano, databile intorno al 1508-09, perchè secondo la leggenda la prima dimora del Volto Santo fu proprio questa. Dopo il 1655, anno della solenne coronazione della Sacra immagine, il Volto Santo si diffuse nelle chiese del Contado lucchese. Parallelamente alle raffigurazioni delle chiese aumentarono gli affreschi all’interno delle cappelle private, che prendono il nome di iconografia stereotipata nella quale appaiono,oltre alla figura del Volto Santo, anche i suoi gioielli. Molto spesso però le famiglie facevano effettuare queste opere per far notare la loro importanza, infatti si facevano inserire all’interno delle opere; inoltre l'immagine del Volto Santo veniva incisa anche sulle monete lucchesi.

Le immagini del Volto Santo erano poste sia entro la cerchia muraria sia nel contado o nelle antiche vicarie. Esiste una differenza tra esse, infatti le prime vengono costruite in un arco di tempo molto più lungo rispetto alle seconde, anche se esse non sono datate mentre le seconde si. All’interno della cerchia muraria possiamo trovare delle immagini del Volto Santo su almeno due porte (Porta San Pietro e Porta San donato) e sulla facciata del Palazzo Mazzarosa. All’esterno di essa invece sono particolarmente significative le immagini che troviamo a Borgo Giannotti (1850) e a Montignoso (1631).

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Le feste religiose a Lucca rappresentavano un fattore importante nella vita cittadina; erano finanziate dalla camera lucchese con contributi variabili da 25 a 40 lebbre di cera. Un attenzione particolare era riservata alle manifestazioni legata al culto del Volto Santo. Per festeggiare questo giorno, il 14 settembre, il clero lucchese organizzava e organizza tuttora una processione, la cosiddetta "Luminara di Santa Croce".

I simboli religiosi di questa processione sono il cero, il fuoco e la luce che occupano un posto importantissimo, sia perchè acquistano un significato di offerte e di supplica sia perchè attestano la presenza di Dio. Il corteo durante la processione si snoda dalla Basilica di San Frediano fino al Duomo di San Martino, l’ultimo percorso che secondo Leobino il Volto Santo effettuò per raggiungere la sua attuale collocazione.


Fonte tratta da www.itclucca.lu.it

domenica 20 febbraio 2011

VII Domenica delle ferie del Tempo Ordinario - Anno A : Mt 5,38-48





Meditazione del giorno 
Sant'Aelredo di Rievaulx ( 1110-1167), monaco cistercense inglese 
Dallo « Specchio della carità »Lib. 3, 5; PL 195, 582 (trad. dal breviario)  
« Amate i vostri nemici »
        Non c'è niente che ci spinga ad amare i nemici, cosa in cui consiste la perfezione dell'amore fraterno, quanto la dolce considerazione  di quelle ammirabile pazienza per cui egli, « il più bello tra i figli dell'uomo » (Sal 44, 3) offrì il suo bel viso agli sputi dei malvagi. Lasciò velare dai malfattori quegli occhi, al cui cenno ogni cosa ubbidisce. Espose i suoi fianchi ai flagelli. Sottopose il capo, che fa tremare i Principati e le Potestà, alle punte acuminate delle spine. Abbandonò se stesso all'obbrobrio e agli insulti. Infine sopportò pazientememte la croce, i chiodi, la lanciam il fiele e l'aceto, lui in tutto dolce, mite e clemente. Alla fine fu condotto via come una pecora al macello, e como un agnello se ne stette silenzioso davanti al tosatore e non aprì bocca (cfr. Is 53, 7).

        Chi al sentire quellq voce meravigliosa piena di dolcezza, piena di carità, piena di inalterabile pacatezza: « Padre, perdonali » non abbraccerebbe subito i suoi nemici con tutto l'affetto? « Padre », dice, « perdonali » (Lc 23, 34). Che cosa si poteva aggiungere di dolcezza, di carità ad una siffatta preghiera?

        Tuttavia egli aggiunse qualcosa. Gli sembrò poco pregare, volle anche scusare. « Padre, disse, perdonali, perché non sanno quello che fanno ». E invero sono grandi peccatori, ma poveri conoscitori. Perciò: « Padre, perdonali ». Lo crocifiggono, ma non sanno chi crocifiggono... Lo ritengono un transgressore della legge, un presuntuoso che si fa Dio, lo stimano un seduttore del popolo.  «Ma io ho nascosto da loro il moi volto, non riconobbero la mia maestà ». Perciò: « Padre, perdonali, perché non sanno quello che fanno ».

        Se l'uomo vuole amare se stesso di amore autentico non si lasci corrompere da nessun piacere della carne, rivolga ogni suo affetto alla dolcezza del pane eucaristico. Inoltre per riposare pià perfettamente e soavemente nella gioia della carità fraterna, abbracci di vero amore anche i nemici. Perché questo fuoco divino non intiepidisca di fronte alle ingiustizie, guardi sempre con gli occhi della mente la pazienza e la pacatezza del suo amato Signore e Salvatore.

Fonte tratta da www.vangelodelgiorno.org