"Passando per la valle del pianto la cambia in una sorgente;
anche la prima pioggia l'ammanta di benedizioni."
Sal 84,7

sabato 12 febbraio 2011

San Pellegrino Laziosi, Ordine Servi di Maria, patrono dei malati di cancro

San Pellegrino Laziosi, Religioso,Forlì, 1265 c. - 1 maggio 1345



Pellegrino nacque a Forlì intorno al 1265, dalla nobile famiglia dei Laziosi. C’è un episodio controverso dei vari agiografi, ed è quello in cui Forlì si trovò avvolta in tumulti popolari, avvenuti per l’interdetto ricevuto da papa Martino IV Il Priore Generale dei Servi di Maria, s. Filippo Benizi, che trovavasi in visita al conven- to di Forlì, fu percosso e scacciato dalla città, perché esortava i forlivesi a ritornare sotto l’ubbidienza al Pon- tefice, tra i ribelli c’era pure Pellegrino diciottenne. Nei vari racconti e citazioni susseguitesi nei secoli si nar- ra che s. Filippo fu percosso con uno schiaffo da Pellegrino. 
Sui 30 anni (tra il 1290 e il 1295) entrò nell’Ordine dei Servi di Maria, ma non come sacerdote, per come sia avvenuta questa conversione non ci sono notizie certe, sembra che lo stesso s. Filippo gli abbia concesso l’a- bito. Contrariamente a quanto prescrivevano le regole antiche il noviziato fu fatto a Siena e non a Forlì.
Trascorso il noviziato, dopo i 30 anni fu rimandato alla città natale dove rimase fino alla morte. Si distinse nell’osservanza della Regola e si dice che si prestava ad atti di profonda penitenza fra i quali prediligeva quello di stare in piedi senza sedersi, esercizio penitenziale che mantenne per trent’anni. Ma giunto sui sessant’anni, quella penitenza gli procurò una piaga alla gamba destra, causata da vene varicose.
La malattia raggiunse un grado di gravità tale che i medici dell’epoca ritennero necessaria l’amputazione della gamba. Durante la notte precedente all’operazione, Pellegrino si alzò e a stenti raggiunse la sala capitolare e davanti all’immagine del crocefisso, pregò con fervore per ottenere la guarigione. Assopitasi sugli scanni, in sogno vide Gesù che sceso dalla Croce lo liberava dal male. Quindi risvegliatosi se ne tornò in cella, dove il mattino seguente il medico venuto per l’amputazione poté constatare l’avvenuta e totale guarigione.
Il miracolo accrebbe la venerazione che i forlivesi avevano per lui. Pellegrino morì il 1° maggio del 1345 consumato dalla febbre, durante gli affollati funerali avvennero due miracoli, liberò una indemoniata e la guarigione di un cieco che il santo benedice sollevandosi dalla bara, fu deposto in un loculo della parete e non in terra, segno già evidente di una venerazione concessa a pochi.
Il suo culto si è esteso in Italia e nel mondo al seguito dell’espandersi dell’Ordine dei Servi.
Il 15 aprile 1609 papa Paolo V autorizzava con il titolo di beato un culto che da tempo immemorabile gli era già tributato e il 27 dicembre 1726 veniva proclamato santo da papa Benedetto XIII.
E’ compatrono della città di Forlì, invocato come protettore contro le malattie cancerogene.
E’ quasi sempre raffigurato sorretto dagli angeli, mentre Gesù scende dalla Croce per guarirlo.

Fonte tratta da www.santiebeati.it

Messaggio del Papa per la Giornata mondiale per le vocazioni: seguire Gesù, proposta impegnativa ed esaltante




“Entrare nella volontà di Dio non annienta e non distrugge la persona”: così Benedetto XVI nel Messaggio in vista della prossima Giornata mondiale di preghiera per le vocazioni, che verrà celebrata il 15 maggio nella IV domenica di Pasqua, dedicata al tema “Proporre le vocazioni nella Chiesa locale”
 
Tema: “Proporre le vocazioni nella Chiesa locale”

Cari fratelli e sorelle!
La XLVIII Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni, che sarà celebrata il 15 maggio 2011, quarta Domenica di Pasqua, ci invita a riflettere sul tema: “Proporre le vocazioni nella Chiesa locale”. Settant’anni fa, il Venerabile Pio XII istituì la Pontifìcia Opera per le Vocazioni Sacerdotali. In seguito, opere simili sono state fondate dai Vescovi in molte diocesi, animate da sacerdoti e da laici, in risposta all'invito del Buon Pastore, il quale, “vedendo le folle, ne sentì compassione, perché erano stanche e sfinite come pecore che non hanno pastore”, e disse: “La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai. Pregate, dunque, il Signore della messe perché mandi operai nella sua messe!” (Mt 9,36-38).
L’arte di promuovere e di curare le vocazioni trova un luminoso punto di riferimento nelle pagine del Vangelo in cui Gesù chiama i suoi discepoli a seguirlo e li educa con amore e premura. Oggetto particolare della nostra attenzione è il modo in cui Gesù ha chiamato i suoi più stretti collaboratori ad annunciare il Regno di Dio (cfr Lc 10,9). Innanzitutto, appare chiaro che il primo atto è stata la preghiera per loro: prima di chiamarli, Gesù passò la notte da solo, in orazione ed in ascolto della volontà del Padre (cfr Lc 6,12), in un’ascesa interiore al di sopra delle cose di tutti i giorni. La vocazione dei discepoli nasce proprio nel colloquio intimo di Gesù con il Padre. Le vocazioni al ministero sacerdotale e alla vita consacrata sono primariamente frutto di un costante contatto con il Dio vivente e di un'insistente preghiera che si eleva al “Padrone della messe” sia nelle comunità parrocchiali, sia nelle famiglie cristiane, sia nei cenacoli vocazionali.
Il Signore, all’inizio della sua vita pubblica, ha chiamato alcuni pescatori, intenti a lavorare sulle rive del lago di Galilea: “Venite dietro a me, vi farò pescatori di uomini” (Mt 4,19). Ha mostrato loro la sua missione messianica con numerosi “segni” che indicavano il suo amore per gli uomini e il dono della misericordia del Padre; li ha educati con la parola e con la vita affinché fossero pronti ad essere continuatori della sua opera di salvezza; infine, “sapendo che era venuta la sua ora di passare da questo mondo al Padre” (Gv 13,1), ha affidato loro il memoriale della sua morte e risurrezione, e prima di essere elevato al Cielo li ha inviati in tutto il mondo con il comando: “Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli” (Mt 28,19).
È una proposta, impegnativa ed esaltante, quella che Gesù fa a coloro a cui dice “Seguimi!”: li invita ad entrare nella sua amicizia, ad ascoltare da vicino la sua Parola e a vivere con Lui; insegna loro la dedizione totale a Dio e alla diffusione del suo Regno secondo la legge del Vangelo: “Se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto” (Gv 12,24); li invita ad uscire dalla loro volontà chiusa, dalla loro idea di autorealizzazione, per immergersi in un’altra volontà, quella di Dio e lasciarsi guidare da essa; fa vivere loro una fraternità, che nasce da questa disponibilità totale a Dio (cfr Mt 12,49-50), e che diventa il tratto distintivo della comunità di Gesù: “Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avete amore gli uni per gli altri” (Gv 13,35).
Anche oggi, la sequela di Cristo è impegnativa; vuol dire imparare a tenere lo sguardo su Gesù, a conoscerlo intimamente, ad ascoltarlo nella Parola e a incontrarlo nei Sacramenti; vuol dire imparare a conformare la propria volontà alla Sua. Si tratta di una vera e propria scuola di formazione per quanti si preparano al ministero sacerdotale ed alla vita consacrata, sotto la guida delle competenti autorità ecclesiali. Il Signore non manca di chiamare, in tutte le stagioni della vita, a condividere la sua missione e a servire la Chiesa nel ministero ordinato e nella vita consacrata, e la Chiesa “è chiamata a custodire questo dono, a stimarlo e ad amarlo: essa è responsabile della nascita e della maturazione delle vocazioni sacerdotali” (Giovanni Paolo II, Esort. ap. postsinodale Pastores dabo vobis, 41). Specialmente in questo nostro tempo in cui la voce del Signore sembra soffocata da “altre voci” e la proposta di seguirlo donando la propria vita può apparire troppo difficile, ogni comunità cristiana, ogni fedele, dovrebbe assumere con consapevolezza l’impegno di promuovere le vocazioni. È importante incoraggiare e sostenere coloro che mostrano chiari segni della chiamata alla vita sacerdotale e alla consacrazione religiosa, perché sentano il calore dell’intera comunità nel dire il loro “sì” a Dio e alla Chiesa. Io stesso li incoraggio come ho fatto con coloro che si sono decisi ad entrare in Seminario e ai quali ho scritto: “Avete fatto bene a farlo. Perché gli uomini avranno sempre bisogno di Dio, anche nell’epoca del dominio tecnico del mondo e della globalizzazione: del Dio che ci si è mostrato in Gesù Cristo e che ci raduna nella Chiesa universale, per imparare con Lui e per mezzo di Lui la vera vita e per tenere presenti e rendere efficaci i criteri della vera umanità” (Lettera ai Seminaristi, 18 ottobre 2010).
Occorre che ogni Chiesa locale si renda sempre più sensibile e attenta alla pastorale vocazionale, educando ai vari livelli, familiare, parrocchiale, associativo, soprattutto i ragazzi, le ragazze e i giovani - come Gesù fece con i discepoli – a maturare una genuina e affettuosa amicizia con il Signore, coltivata nella preghiera personale e liturgica; ad imparare l’ascolto attento e fruttuoso della Parola di Dio, mediante una crescente familiarità con le Sacre Scritture; a comprendere che entrare nella volontà di Dio non annienta e non distrugge la persona, ma permette di scoprire e seguire la verità più profonda su se stessi; a vivere la gratuità e la fraternità nei rapporti con gli altri, perché è solo aprendosi all’amore di Dio che si trova la vera gioia e la piena realizzazione delle proprie aspirazioni. “Proporre le vocazioni nella Chiesa locale”, significa avere il coraggio di indicare, attraverso una pastorale vocazionale attenta e adeguata, questa via impegnativa della sequela di Cristo, che, in quanto ricca di senso, è capace di coinvolgere tutta la vita.
Mi rivolgo particolarmente a voi, cari Confratelli nell’Episcopato. Per dare continuità e diffusione alla vostra missione di salvezza in Cristo, è importante “incrementare il più che sia possibile le vocazioni sacerdotali e religiose, e in modo particolare quelle missionarie” (Decr.Christus Dominus, 15). Il Signore ha bisogno della vostra collaborazione perché le sue chiamate possano raggiungere i cuori di chi ha scelto. Abbiate cura nella scelta degli operatori per il Centro Diocesano Vocazioni, strumento prezioso di promozione e organizzazione della pastorale vocazionale e della preghiera che la sostiene e ne garantisce l’efficacia. Vorrei anche ricordarvi, cari Confratelli Vescovi, la sollecitudine della Chiesa universale per un’equa distribuzione dei sacerdoti nel mondo. La vostra disponibilità verso diocesi con scarsità di vocazioni, diventa una benedizione di Dio per le vostre comunità ed è per i fedeli la testimonianza di un servizio sacerdotale che si apre generosamente alle necessità dell’intera Chiesa.
Il Concilio Vaticano II ha ricordato esplicitamente che “il dovere di dare incremento alle vocazioni sacerdotali spetta a tutta la comunità cristiana, che è tenuta ad assolvere questo compito anzitutto con una vita perfettamente cristiana” (Decr. Optatam totius, 2). Desidero indirizzare quindi un fraterno e speciale saluto ed incoraggiamento a quanti collaborano in vario modo nelle parrocchie con i sacerdoti. In particolare, mi rivolgo a coloro che possono offrire il proprio contributo alla pastorale delle vocazioni: i sacerdoti, le famiglie, i catechisti, gli animatori. Ai sacerdoti raccomando di essere capaci di dare una testimonianza di comunione con il Vescovo e con gli altri confratelli, per garantire l’humus vitale ai nuovi germogli di vocazioni sacerdotali. Le famiglie siano “animate da spirito di fede, di carità e di pietà” (ibid.), capaci di aiutare i figli e le fìglie ad accogliere con generosità la chiamata al sacerdozio ed alla vita consacrata. I catechisti e gli animatori delle associazioni cattoliche e dei movimenti ecclesiali, convinti della loro missione educativa, cerchino “di coltivare gli adolescenti a loro affidati in maniera di essere in grado di scoprire la vocazione divina e di seguirla di buon grado” (ibid.).
Cari fratelli e sorelle, il vostro impegno nella promozione e nella cura delle vocazioni acquista pienezza di senso e di efficacia pastorale quando si realizza nell’unità della Chiesa ed è indirizzato al servizio della comunione. È per questo che ogni momento della vita della comunità ecclesiale - la catechesi, gli incontri di formazione, la preghiera liturgica, i pellegrinaggi ai santuari - è una preziosa opportunità per suscitare nel Popolo di Dio, in particolare nei più piccoli e nei giovani, il senso di appartenenza alla Chiesa e la responsabilità della risposta alla chiamata al sacerdozio ed alla vita consacrata, compiuta con libera e consapevole scelta.
La capacità di coltivare le vocazioni è segno caratteristico della vitalità di una Chiesa locale. Invochiamo con fiducia ed insistenza l’aiuto della Vergine Maria, perché, con l’esempio della sua accoglienza del piano divino della salvezza e con la sua efficace intercessione, si possa diffondere all’interno di ogni comunità la disponibilità a dire “sì” al Signore, che chiama sempre nuovi operai per la sua messe. Con questo auspicio, imparto di cuore a tutti la mia Apostolica Benedizione.
Dal Vaticano, 15 novembre 2010
BENEDETTO XVI
© Copyright 2010 - Libreria Editrice Vaticana

venerdì 11 febbraio 2011

Perchè si festeggia San Valentino?




La festività prende il nome dal santo e martire cristiano San Valentino, umile sacerdote vissuto nella Capitale dell'Impero Romano nel 270 dell'era Cristiana, fu convertito al cristianesimo ed ordinato vescovo da san Feliciano di Foligno nel 197. Curiosità di Cristina Tortoriello. 



Segue la festività prende il nome dal santo e martire cristiano San Valentino, umile sacerdote vissuto nella Capitale dell'Impero Romano nel 270 dell'era Cristiana, fu convertito al cristianesimo ed ordinato vescovo da san Feliciano di Foligno nel 197. Nell'anno 270 Valentino si trovava a Roma, giunto su invito dell'oratore greco e latino Cratone, per predicare il Vangelo e convertire i pagani. Esortato dall'imperatore Claudio II il Gotico a sospendere la celebrazione religiosa e a rinunciare la propria fede, rifiutò di farlo tentando anzi di convertire l'imperatore al cristianesimo. Claudio II lo graziò dall'esecuzione capitale consegnandolo ad una nobile famiglia. Valentino venne arrestato una seconda volta sotto Aureliano che era succeduto a Claudio II. L'impero seguitava nelle sue persecuzioni contro i cristiani ed i vertici della Chiesa di Roma e, poiché la notorietà di Valentino stava crescendo, i soldati romani lo catturarono e lo portarono fuori città per flagellarlo, temendo che la popolazione potesse insorgere in sua difesa. Questo terzo arresto gli fu fatale: morì decapitato nel 273 per mano del soldato romano Furius Placidus, agli ordini dell'imperatore Aureliano. Sono molte le storie entrate a far parte della cultura popolare, su episodi riguardanti la vita di san Valentino: “la leggenda della rosa della riconciliazione” narra che un giorno San Valentino sentì passare, al di là del suo giardino, due giovani fidanzati che stavano litigando. Decise di andare loro incontro con in mano una magnifica rosa. Regalò la rosa ai due fidanzati e li pregò di riconciliarsi stringendo insieme il gambo della rosa, facendo attenzione a non pungersi e pregando affinché il Signore mantenesse vivo in eterno il loro amore.
Qualche tempo dopo la giovane coppia tornò da lui per invocare la benedizione del loro matrimonio. La storia si diffuse e gli abitanti iniziarono ad andare in pellegrinaggio dal vescovo di Terni il 14 di ogni mese. Il 14 di ogni mese diventò così il giorno dedicato alle benedizioni, ma la data è stata ristretta al solo mese di febbraio perché in quel giorno del 273 San Valentino morì. Un’altra leggenda chiamata “leggenda dell’amore sublime”, narra di un giovane centurione romano di nome Sabino che, passeggiando per una piazza di Terni, vide una bella ragazza di nome Serapia e se ne innamorò follemente.
Sabino chiese ai genitori di Serapia di poterla sposare ma ricevette un secco rifiuto: Sabino era pagano mentre la famiglia di Serapia era di religione cristiana. Per superare questo ostacolo, la bella Serapia suggerì al suo amato di andare dal loro Vescovo Valentino per avvicinarsi alla religione della sua famiglia e ricevere il battesimo, cosa che lui fece in nome del suo amore. Purtroppo, proprio mentre si preparavano i festeggiamenti per il battesimo di Sabino ( e per le prossime nozze), Serapia si ammalò di tisi. Valentino fu chiamato al capezzale della ragazza oramai moribonda. Sabino supplicò Valentino affinché non fosse separato dalla sua amata: la vita senza di lei sarebbe stata solo una lunga sofferenza. Valentino battezzò il giovane, ed unì i due in matrimonio e mentre levò le mani in alto per la benedizione, un sonno beatificante avvolse quei due cuori per l'eternità. Pur rimanendo incerta l'evoluzione storica della ricorrenza, ci sono alcuni riferimenti storici che fanno ritenere che la giornata di San Valentino fosse dedicata agli innamorati già dai primi secoli del II millennio. Fra questi c'è la fondazione a Parigi, il 14 febbraio 1400, dell'"Alto Tribunale dell'Amore", un'istituzione ispirata ai principi dell'amor cortese. Il tribunale aveva lo scopo di decidere su controversie legate ai contratti d'amore, i tradimenti, e la violenza contro le donne. I giudici venivano selezionati sulla base della loro familiarità con la poesia d'amore. La più antica "valentina" di cui sia rimasta traccia risale 1400 e fu scritta da Carlo d'Orléans, all'epoca detenuto nella Torre di Londra dopo la sconfitta alla battaglia di Agincourt . Carlo si rivolge a sua moglie con le parole: Je suis desja d'amour tanné, ma tres doulce Valentinée….L'uso di spedire "valentine" nel mondo anglosassone risale almeno al 1800

Questa tradizione ha alimentato la produzione industriale e commercializzazione su vasta scala di biglietti di auguri dedicati a questa ricorrenza. La Greeting Card Association ha stimato che ogni anno vengano spediti il 14 febbraio circa un miliardo di biglietti d'auguri, numero che colloca questa ricorrenza al secondo posto, come numero di biglietti acquistati e spediti, dopo Natale. Già alla metà del secolo negli Stati Uniti alcuni imprenditori iniziarono a produrre biglietti di San Valentino su scala industriale; a sua volta, la Howland si ispirò a una tradizione antecedente originaria del Regno Unito. Fu proprio la produzione su vasta scala di biglietti d'auguri a dare impulso alla commercializzazione della ricorrenza e, al contempo, alla sua penetrazione nella cultura popolare. Il processo di commercializzazione della ricorrenza continuò nella seconda metà del 1900, soprattutto a partire dagli Stati Uniti.

Fonte tratta da www.studiodostuni.it

11 febbraio, XIX Giornata Mondiale del Malato

Messaggio di Benedetto XVI per la 19ª Giornata Mondiale del Malato 
(11 febbraio 2011) 


Cari fratelli e sorelle! 

Ogni anno, nella ricorrenza della memoria della Beata Vergine di Lourdes, che si celebra l’11 febbraio, la Chiesa propone la Giornata Mondiale del Malato. Tale circostanza, come ha voluto il venerabile Giovanni Paolo II, diventa occasione propizia per riflettere sul mistero della sofferenza e, soprattutto, per rendere più sensibili le nostre comunità e la società civile verso i fratelli e le sorelle malati. Se ogni uomo è nostro fratello, tanto più il debole, il sofferente e il bisognoso di cura devono essere al centro della nostra attenzione, perché nessuno di loro si senta dimenticato o emarginato; infatti “la misura dell´umanità si determina essenzialmente nel rapporto con la sofferenza e col sofferente. Questo vale per il singolo come per la società. Una società che non riesce ad accettare i sofferenti e non è capace di contribuire mediante la compassione a far sì che la sofferenza venga condivisa e portata anche interiormente è una società crudele e disumana” (Lett. enc. Spe salvi, 38). Le iniziative che saranno promosse nelle singole Diocesi in occasione di questa Giornata, siano di stimolo a rendere sempre più efficace la cura verso i sofferenti, nella prospettiva anche della celebrazione in modo solenne, che avrà luogo, nel 2013, al Santuario mariano di Altötting, in Germania.

1. Ho ancora nel cuore il momento in cui, nel corso della visita pastorale a Torino, ho potuto sostare in riflessione e preghiera davanti alla Sacra Sindone, davanti a quel volto sofferente, che ci invita a meditare su Colui che ha portato su di sé la passione dell´uomo di ogni tempo e di ogni luogo, anche le nostre sofferenze, le nostre difficoltà, i nostri peccati. Quanti fedeli, nel corso della storia, sono passati davanti a quel telo sepolcrale, che ha avvolto il corpo di un uomo crocifisso, che in tutto corrisponde a ciò che i Vangeli ci trasmettono sulla passione e morte di Gesù! Contemplarlo è un invito a riflettere su quanto scrive san Pietro: “dalle sue piaghe siete stati guariti” (1Pt 2,24). Il Figlio di Dio ha sofferto, è morto, ma è risorto, e proprio per questo quelle piaghe diventano il segno della nostra redenzione, del perdono e della riconciliazione con il Padre; diventano, però, anche un banco di prova per la fede dei discepoli e per la nostra fede: ogni volta che il Signore parla della sua passione e morte, essi non comprendono, rifiutano, si oppongono. Per loro, come per noi, la sofferenza rimane sempre carica di mistero, difficile da accettare e da portare. I due discepoli di Emmaus camminano tristi per gli avvenimenti accaduti in quei giorni a Gerusalemme, e solo quando il Risorto percorre la strada con loro, si aprono ad una visione nuova (cfr Lc 24,13-31). Anche l’apostolo Tommaso mostra la fatica di credere alla via della passione redentrice: “Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo” (Gv 20,25). Ma di fronte a Cristo che mostra le sue piaghe, la sua risposta si trasforma in una commovente professione di fede: “Mio Signore e mio Dio!” (Gv 20,28). Ciò che prima era un ostacolo insormontabile, perché segno dell´apparente fallimento di Gesù, diventa, nell´incontro con il Risorto, la prova di un amore vittorioso: “Solo un Dio che ci ama fino a prendere su di sé le nostre ferite e il nostro dolore, soprattutto quello innocente, è degno di fede” (Messaggio Urbi et Orbi, Pasqua 2007).

2. Cari ammalati e sofferenti, è proprio attraverso le piaghe del Cristo che noi possiamo vedere, con occhi di speranza, tutti i mali che affliggono l´umanità. Risorgendo, il Signore non ha tolto la sofferenza e il male dal mondo, ma li ha vinti alla radice. Alla prepotenza del Male ha opposto l´onnipotenza del suo Amore. Ci ha indicato, allora, che la via della pace e della gioia è l´Amore: “Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri” (Gv 13,34). Cristo, vincitore della morte, è vivo in mezzo a noi. E mentre con san Tommaso diciamo anche noi: “Mio Signore e mio Dio!”, seguiamo il nostro Maestro nella disponibilità a spendere la vita per i nostri fratelli (cfr 1Gv 3,16), diventando messaggeri di una gioia che non teme il dolore, la gioia della Risurrezione.

San Bernardo afferma: “Dio non può patire, ma può compatire”. Dio, la Verità e l´Amore in persona, ha voluto soffrire per noi e con noi; si è fatto uomo per poter com-patire con l´uomo, in modo reale, in carne e sangue. In ogni sofferenza umana, allora, è entrato Uno che condivide la sofferenza e la sopportazione; in ogni sofferenza si diffonde la con-solatio, la consolazione dell´amore partecipe di Dio per far sorgere la stella della speranza (cfr Lett. enc. Spe salvi, 39).

A voi, cari fratelli e sorelle, ripeto questo messaggio, perché ne siate testimoni attraverso la vostra sofferenza, la vostra vita e la vostra fede.

3. Guardando all’appuntamento di Madrid, nel prossimo agosto 2011, per la Giornata Mondiale della Gioventù, vorrei rivolgere anche un particolare pensiero ai giovani, specialmente a coloro che vivono l’esperienza della malattia. Spesso la Passione, la Croce di Gesù fanno paura, perché sembrano essere la negazione della vita. In realtà, è esattamente il contrario! La Croce è il “sì” di Dio all´uomo, l’espressione più alta e più intensa del suo amore e la sorgente da cui sgorga la vita eterna. Dal cuore trafitto di Gesù è sgorgata questa vita divina. Solo Lui è capace di liberare il mondo dal male e di far crescere il suo Regno di giustizia, di pace e di amore al quale tutti aspiriamo (cfr Messaggio per la Giornata Mondiale della Gioventù 2011, 3). Cari giovani, imparate a “vedere” e a “incontrare” Gesù nell´Eucaristia, dove è presente in modo reale per noi, fino a farsi cibo per il cammino, ma sappiatelo riconoscere e servire anche nei poveri, nei malati, nei fratelli sofferenti e in difficoltà, che hanno bisogno del vostro aiuto (cfr ibid., 4). A tutti voi giovani, malati e sani, ripeto l´invito a creare ponti di amore e solidarietà, perché nessuno si senta solo, ma vicino a Dio e parte della grande famiglia dei suoi figli (cfr Udienza generale, 15 novembre 2006).

4. Contemplando le piaghe di Gesù il nostro sguardo si rivolge al suo Cuore sacratissimo, in cui si manifesta in sommo grado l´amore di Dio. Il Sacro Cuore è Cristo crocifisso, con il costato aperto dalla lancia dal quale scaturiscono sangue ed acqua (cfr Gv 19,34), “simbolo dei sacramenti della Chiesa, perché tutti gli uomini, attirati al Cuore del Salvatore, attingano con gioia alla fonte perenne della salvezza” (Messale Romano, Prefazio della Solennità del Sacratissimo Cuore di Gesù). Specialmente voi, cari malati, sentite la vicinanza di questo Cuore carico di amore e attingete con fede e con gioia a tale fonte, pregando: “Acqua del costato di Cristo, lavami. Passione di Cristo, fortificami. Oh buon Gesù, esaudiscimi. Nelle tue piaghe, nascondimi” (Preghiera di S. Ignazio di Loyola).

5. Al termine di questo mio Messaggio per la prossima Giornata Mondiale del Malato, desidero esprimere il mio affetto a tutti e a ciascuno, sentendomi partecipe delle sofferenze e delle speranze che vivete quotidianamente in unione a Cristo crocifisso e risorto, perché vi doni la pace e la guarigione del cuore. Insieme a Lui vegli accanto a voi la Vergine Maria, che invochiamo con fiducia Salute degli infermi e Consolatrice dei sofferenti. Ai piedi della Croce si realizza per lei la profezia di Simeone: il suo cuore di Madre è trafitto (cfr Lc 2,35). Dall´abisso del suo dolore, partecipazione a quello del Figlio, Maria è resa capace di accogliere la nuova missione: diventare la Madre di Cristo nelle sue membra. Nell’ora della Croce, Gesù le presenta ciascuno dei suoi discepoli dicendole: “Ecco tuo figlio” (cfr Gv 19,26-27). La compassione materna verso il Figlio, diventa compassione materna verso ciascuno di noi nelle nostre quotidiane sofferenze (cfrOmelia a Lourdes, 15 settembre 2008).

Cari fratelli e sorelle, in questa Giornata Mondiale del malato, invito anche le Autorità affinché investano sempre più energie in strutture sanitarie che siano di aiuto e di sostegno ai sofferenti, soprattutto i più poveri e bisognosi, e, rivolgendo il mio pensiero a tutte le Diocesi, invio un affettuoso saluto ai Vescovi, ai sacerdoti, alle persone consacrate, ai seminaristi, agli operatori sanitari, ai volontari e a tutti coloro che si dedicano con amore a curare e alleviare le piaghe di ogni fratello o sorella ammalati, negli ospedali o Case di Cura, nelle famiglie: nei volti dei malati sappiate vedere sempre il Volto dei volti: quello di Cristo.

A tutti assicuro il mio ricordo nella preghiera, mentre imparto a ciascuno una speciale Benedizione Apostolica.

Dal Vaticano, 21 Novembre 2010
Festa di Cristo Re dell´Universo 

Testo tratto da www.chiesacattolica.it

giovedì 10 febbraio 2011

Storia dell'Ordine dei Servi di Maria

ORDINE DEI SERVI DI MARIA


Dalle origini (1233) all´approvazione pontificia (1304)

Una tradizione consolidata fa risalire all´anno 1233 l´origine dell´Ordine dei Servi di Maria. A dare importanza a quella data all´interno dell´Ordine contribuì il fatto che uno dei suoi massimi santi Filippo Benizi era nato a Firenze proprio nel 1233. Il più antico e autorevole documento narrativo sull´origine dell´Ordine, scritto probabilmente dal priore generale fra Pietro da Todi intorno al 1317-1318, ha per titolo Legenda de origine Ordinis fratrum Servorum Virginis Mariae (Legenda sull´origine dell´Ordine dei Servi della Vergine Maria). Da notare che il termine Legenda significa testo da leggersi. Al momento dell´origine dei Servi di Maria la presenza di movimenti religiosi a Firenze era intensa. La vita cittadina, tuttavia, era contraddistinta da inquietudine sociale. Un gruppo di sette laici (guidati da Bonfiglio, del quale si può ammirare una grande statua nella basilica vaticana) abbandonano famiglia, attività e professione per ritirarsi a vita comune in penitenza, povertà e preghiera. Nella città divisa da lotte fratricide, essi intendono dare una testimonianza visibile di comunione fraterna. Luogo del loro ritiro fu Cafaggio, dove attualmente sorge a Firenze la basilica della SS.ma Annunziata. Successivamente, in cerca di maggiore solitudine, si ritirano nell´asperità del Monte Senario, a 800 metri s.l.m e distante da Firenze 18 chilometri. Ben presto, tuttavia, lasciano il Monte e, grazie al crescente numero di persone che si uniscono a loro, fondano nuove comunità. Sono infatti anteriori al 1256 i conventi di Siena, di Città di Castello e di Borgo Sansepolcro, oltre che di Firenze e di Monte Senario. Per una disposizione già approvata dal Concilio Lateranense IV (1215), ma poi resa severamente operativa dal Concilio II di Lione (1274), l´Ordine rischia, insieme a molti altri nuovi Ordini religiosi mendicanti, la soppressione. Lo salva Filippo Benizi, priore generale dal 1267 fino alla morte (1285), entrato nelle grazie del Papa anche per l´efficace azione di pace condotta nella città di Forlì, dove un giovane che inizialmente lo aveva combattuto, decise poi di seguirlo e di farsi Servo di Maria. Fu Pellegrino Laziosi, o da Forlì, il santo dell´Ordine oggi maggiormente conosciuto e venerato.

Sette Santi Fondatori


Dalla approvazione (1304) al 1500
Papa Benedetto XI, domenicano, l´11 febbraio 1304, con la bolla Dum levamus approvò la Regola e le Costituzioni del Servi di Maria. A quella data, l´Ordine contava non meno di 250 frati, distribuiti in 27 conventi in Italia e in quattro conventi in Germania. Il Trecento, nella vita dell´Ordine, fu contrassegnato dalla presenza di figure esemplari di frati, la cui vita è stata tramandata da importanti documenti storici. Si possono ricordare: il beato Gioacchino da Siena (1306), il beato Bonaventura da Pistoia (1306), il beato Iacopo da Città della Pieve, martire nel 1310; lo stesso anno morì l´ultimo dei sette Fondatori Alessio Falconieri; sono da ricordare ancora i beati Andrea da Sansepolcro, Ubaldo da Sansepolcro, il beato Francesco Patrizi (1328) e il beato Tommaso da Orvieto (1343). Muoiono nel Trecento anche santa Giuliana Falconieri (1341) e san Pellegrino Laziosi (1345). Tra i frati del Trecento da ricordare sono inoltre fra Pietro da Todi che fu priore generale dal 1314 al 1344 e figura controversa all´interno dell´Ordine, poi fra Andrea da Faenza, priore generale per 22 anni e insigne architetto al quale si deve la basilica di S. Maria dei Servi di Bologna. Il Quattrocento si apre nell´Ordine dei Servi di Maria con il capitolo generale di Ferrara (1404) che decide la ripresa morale e spirituale di Monte Senario. Alla rinascita di Monte Senario si lega il sorgere nell´Ordine, nel 1430, della cosiddetta Congregazione dell´Osservanza che, senza separarsi giuridicamente dall´Ordine, ne rappresentò un movimento interno riformatore; fenomeno che si verificò anche in molti altri Ordini religiosi, nei quali portò alla separazione; non così per i Servi di Maria. L´esperienza della Congregazione dell´Osservanza, infatti, per i Servi di Maria si concluse nel 1570. Da ricordare, comunque, che nel 1493, i conventi cosiddetti dell´Osservanza erano 26 e, prima del 1570, erano una sessantina. Nel 1424, con la bolla Apostolicae Sedis providentia, papa Martino V ratifica l´esistenza e l´organizzazione del Terz´Ordine, oggi chiamato Ordine secolare dei Servi di Maria. Nel Quattrocento assumono importanza nell´Ordine come centri di studio i conventi della SS.ma Annunziata di Firenze e di S. Maria dei Servi di Bologna. Figure insigni di Servi di Maria nel Quattrocento furono il priore generale Antonio Alabanti che, il 27 maggio 1487, ottenne da papa Innocenzo VIII il cosiddetto Mare magnum, cioè la bolla Apostolicae Sedis intuitus che conteneva tutti i privilegi pontifici concessi sino ad allora all´Ordine. L´annalista dell´Ordine Arcangelo Giani attribuisce all´Alabanti l´idea che anche i Servi di Maria partecipassero all´evangelizzazione del Nuovo Mondo, appena scoperto da Cristoforo Colombo. Tra le figure di santi frati del Quattrocento si ricordano i beati Benincasa da Montepulciano (1426), Girolamo da Sant´Angelo in Vado (1468), la beata Elisabetta Picenardi (1468), il beato Giacomo Filippo Bertoni (1483) e il beato Bonaventura da Forlì (1491). Alla fine del Quattrocento, viene fondato un convento a Las Cuevas (Aragona), in Spagna; a quell´epoca i conventi dei Servi erano circa 170 e i frati 1200.

Dal 1500 alla canonizzazione dei Sette Santi Fondatori (1888)
Il Cinquecento per i Servi di Maria è un secolo complesso e tormentato in quanto l´Ordine risente degli eventi che in questo secolo segnano la vita della Chiesa (lo scoppio della riforma luterana, 1517; il Concilio di Trento, 1545-1563; la Controriforma o riforma cattolica ecc.). Quanto all´Ordine, mentre nel Quattrocento esso era stato retto da sei priori generali, nel periodo compreso tra la morte dell´Alabanti (1495) e quella di Angelo Maria Montorsoli (1600), ebbe ben venti priori generali, oltre la metà dei quali eletti dal papa. Inoltre, ai primi del Cinquecento la Congregazione dell´Osservanza conobbe un serio declino. Rientrerà pienamente nell´Ordine nel 1570. Nel 1505 muore a Milano il beato Giovannangelo Porro, considerato tra i primi che iniziarono il catechismo ai fanciulli. Trascorsi pochi anni dall´inizio della riforma luterana, cominciano ad essere soppressi i conventi dell´Ordine in Germania. Nel 1533, il priore generale Girolamo Amidei da Lucca lancia un accorato appello a tutto l´Ordine per la ricostruzione di Monte Senario. L´Ordine è presente al Concilio di Trento con i Servi di Maria Agostino Bonucci, priore generale dal 1542 al 1553 e Lorenzo Mazzocchio, priore generale dal 1554 al 1557. Contestualmente al Concilio si procede alla revisione delle Costituzioni dell´Ordine: prima nel 1548 (capitolo generale di Budrio), poi nel 1556, nel 1569 e, infine, nel 1580, sotto il generalato di Giacomo Tavanti. Sulla fine del secolo guidano l´Ordine due eminenti figure, fra Lelio Baglioni e fra Angelo Maria Montorsoli - da non confondere con lo zio, il Servo di Maria e grande scultore Giovannangelo Montorsoli (1507-1563). A fra Lelio Baglioni, priore generale dal 1590 al 1597, si deve una riforma dell´Ordine attuata con una serie di disposizioni concrete e con l´avvio, nel 1593, della Congregazione eremitica di Monte Senario. La Lettera spirituale, scritta da fra Angelo Maria Montorsoli mentre viveva da eremita in una cella del convento della SS.ma Annunziata di Firenze, colpì tanto vivamente papa Clemente VIII che obbligò il Montorsoli a uscire dal suo reclusorio e lo impose all´Ordine come priore generale nel 1597. Come ricordato, nel 1570 viene riunificata all´Ordine la Congregazione dell´Osservanza. Alla fine del Cinquecento, i conventi dei Servi di Maria erano 240 e i frati oltre 1800. Il Seicento è il secolo particolarmente ricordato nell´Ordine per la vicenda di fra Paolo Sarpi (1552-1623), il più celebre in assoluto dei frati Servi di Maria. Frate esemplare, fu fortemente osteggiato dalla Curia romana prima come teologo della Serenissima repubblica di Venezia poi, per lungo tempo anche dopo la sua morte, per la sua Istoria del Concilio tridentino. Nel 1613 ha inizio da Innsbruck, poi da tutti i conventi dell´Austria, la cosiddetta Osservanza Germanica, sostenuta da Anna Caterina Gonzaga e inizialmente guidata da tre eremiti venuti da Monte Senario. L´Osservanza Germanica, come espressione particolare della vita dei frati Servi di Maria, cesserà nel 1908. Con la costituzione Instaurandae regularis disciplinae del 1652, papa Innocenzo X, dopo aver condotto un rigoroso censimento degli Ordini religiosi, impone una loro ristrutturazione forzata. Per i Servi di Maria ciò comporta la soppressione di 102 conventi su 261. In realtà ne saranno soppressi 84. Gli Annales dell´Ordine considerano questo evento una sciagura, ma non fu così. In questo secolo si allarga la Famiglia dei Servi (monache e Terz´Ordine); si hanno i primi tentativi di espansione degli Eremiti di Monte Senario (1614-1623). Ha inizio, nel 1618, la pubblicazione degli Annales dell´Ordine; rinascono gli studi e, a Roma, nel 1666, prende vita il Collegio Gandavense con la facoltà di conferire i gradi accademici in teologia. Erede diretta del Collegio Gandavense sarà la Pontificia Facoltà Teologica Marianum. Nel 1671 ha luogo la canonizzazione di Filippo Benizi celebrata nell´Ordine con particolare solennità; l´influsso di Monte Senario nella vita dell´Ordine continua anche negli diciotto anni di governo del venerabile fra Giulio Arrighetti (1622-1705), che fu priore generale dal 1682 al 1700. Figure illustri dell´Ordine e della Famiglia dei Servi nel Seicento furono gli annalisti Arcangelo Giani (morto nel 1623), Luigi M. Garbi (morto nel 1722) e Placido Bonfrizieri (morto nel 1732); fra Cherubino Ranzani di Reggio Emilia (1675), autore di un "orologio eterno" programmato fino all´anno 2000; gli artisti Giovanni Angelo Lottini, Arsenio Mascagni, autore di affreschi nel castello e nel duomo di Salisburgo, il miniatore e pittore Giovanni Battista Stefaneschi; il "portinaio santo", già colonnello nell´esercito francese, Pierre Paul Perrier Dupré. Da ricordare anche le claustrali Maria Benedetta (Elisabetta) Rossi (1648), fondatrice del monastero di s. Maria delle Grazie di Burano (Venezia) e Arcangela Biondini, fondatrice del monastero di Arco. Il Settecento, per la vita dell´Ordine, ha aspetti contrastanti. Nella prima metà del secolo i Servi raggiungono il più elevato incremento numerico sfiorando le 3.000 unità. Alla fine del secolo, però e nella prima decade dell´Ottocento, per le soppressioni imposte, l´Ordine assisterà alla chiusura di gran parte dei suoi conventi ed al disperdersi del maggior numero dei suoi frati. La prima metà del Settecento è caratterizzata dal fitto succedersi di disposizioni e decreti a sostegno degli studi; conosce grande sviluppo il culto dei santi e beati dell´Ordine grazie anche alla canonizzazione, il 27 dicembre 1726, di San Pellegrino Laziosi e, nel 1737, di santa Giuliana Falconieri. Nel 1769 esce il Methodus studii philosophici et theologici di fra Francesco Raimondo Adami. Questo programma di studi consente di parlare di una vera e propria Ratio studiorum nell´Ordine. Purtroppo dall´ultimo trentennio del Settecento fino all´indomani della presa di Roma (1870), l´Ordine conosce una serie di soppressioni di conventi che portano alla decimazione della sua presenza in Europa. Cronologicamente si ebbero prima le soppressioni nei territori dell´impero austro-ungarico, quindi quelle di Napoleone Bonaparte e, infine, quelle operate nel Regno di Sardegna e da parte dello Stato unitario italiano. Furono queste ultime a vanificare i tentativi di ripresa dell´Ordine compiuti dopo il 1815 (Congresso di Vienna). Si aggiunga poi che, nel 1778-1779, per disposizione del papa, fu soppressa la Congregazione eremitica di Monte Senario. Figure notevoli del Settecento furono i frati Domenico M. Fabris e Sostegno M. Viani che parteciparono, a partire dal 1719, alla legazione in Cina guidata da Ambrogio Mezzabarba per la soluzione della questione dei riti cinesi. Del Viani sono di grande interesse le Memorie della seconda Legazione apostolica spedita alla Cina dalla Santità di N.° Signore Papa Clemente XI l´anno di nostra salute 1719. Figure singolari nel Settecento furono anche; il Servo di Maria brasiliano fra Uguccione (Antonio) M. Dias Quaresma che ottenne da papa Clemente XII speciali Costituzioni per un Terz´Ordine regolare dei Servi di Maria da fondare in Brasile; fra Filippo M. Serrati che tentò, tra il 1738 e il 1744, di fondare l´Ordine in Cina; Carlo Francesco M. Caselli, priore generale, consulente teologico nelle trattative concordatarie tra Napoleone e la Santa Sede, poi cardinale; fra Amadio M. Bertoncelli, rinomato predicatore, poi accusato di spionaggio e fatto fucilare da Napoleone nel 1809. Da ricordare anche le claustrali Maria Luisa Masturzi, legata alla fondazione del monastero di Roma, oggi di Colle Fanella, e Maria Maddalena di Gesù (Piazza), fondatrice del monastero di Montecchio Emilia. L´Ottocento. Per chi guardi a questo secolo nella storia dei Servi un primo dato appare chiaro: il 1815 segna l´avvio di una ripresa che, tuttavia, si conferma precaria. La fine del secolo e i primi del Novecento registrano invece una rinascita concreta e duratura - anche se inizialmente lenta - protrattasi senza soluzione di continuità fino agli anni Sessanta del Novecento. Al centro di questo ampio arco di tempo (1815-1964) si colloca la canonizzazione dei sette Santi Fondatori (1888). Per un Ordine di scarse dimensioni come quello dei Servi, già duramente provato dalle soppressioni giuseppiniste e napoleoniche e presente per la maggior parte in Italia, le leggi di soppressione del Regno di Sardegna e del governo unitario italiano tra il 1848 e il 1867 rischiarono di essergli fatali. Una lettera del priore generale fra Bonfiglio M. Mura a tutti i priori provinciali italiani, scritta nel 1863, nel richiamarsi all´urgenza di prendere qualche iniziativa, parla di "questione di vita e di morte". Peraltro, è proprio il Mura ad inviare in Inghilterra nel 1864 i frati Filippo M. Bosio e Agostino M. Morini per fondarvi l´Ordine. Sarà lo stesso fra Agostino Morini, nel 1874, a fondare l´Ordine negli Stati Uniti d´America. Nel frattempo sono riprese nell´Ordine le iniziative per arrivare alla canonizzazione dei sette Santi Fondatori. Papa Leone XIII, con decisione propria, nel 1884 stabilisce che i sette Fondatori possono essere canonizzati alla maniera di uno solo, per cui sono da considerarsi sufficienti quattro miracoli. La canonizzazione ha luogo a Roma il 15 gennaio 1888. È presente al rito anche fra Antonio M. Pucci, che morirà quattro anni più tardi e che nel 1962 sarà canonizzato. L´evento della canonizzazione - che cadeva in un periodo in cui le leggi vessatorie nei confronti degli istituti religiosi in Italia conoscevano un graduale attenuarsi - costituisce per tutto l´Ordine una autentica iniezione di fiducia. Se l´evento conclusivo della canonizzazione è legato al nome del priore generale Pier Francesco M. Testa (1882-1888), la strada verso di esso era stata preparata dai priori generali fra Giovanni Angelo Mondani (1868-1882) e, forse, dallo stesso fra Bonfiglio M. Mura, legato da salda e personale amicizia con papa Leone XIII. Nell´Ottocento sorgono numerose Congregazioni religiose di suore Serve di Maria che chiedono di essere aggregate all´Ordine.

Dal 1888 ad oggi
Mentre il Settecento fu il secolo del massimo incremento numerico dell´Ordine, il Novecento è il secolo della sua massima dislocazione geografica che attiene a tutti e cinque i continenti. Di questa internazionalizzazione dell´Ordine è conferma il seguente dato: dalle origini fino al 1913 i Servi di Maria ebbero un solo priore generale non italiano (fra Alboino M. Patscheider). Dal 1913 ad oggi, di undici priori generali, sette sono non italiani: il francese Alexis Henri M. Lépicier (1913-1920), l´inglese Augustine M. Moore (1926-1932), gli statunitensi Joseph M Loftus (1965-1971) e Peregrine M. Graffius (1971-1977), il canadese Michel M. Sincerny (1977-1989), il belga Hubert M. Moons (1989-2001), il messicano Ángel M. Ruiz Garnica (2001). Per i Servi di Maria il Novecento è il secolo dell´assunzione di un crescente impegno missionario e di quello di nuove fondazioni: furono assunti dall´Ordine come territori missionari, nel 1913 lo Swaziland (Sud Africa); nel 1919 l´Acre (Brasile); nel 1937 l´Aysén (Cile) e nel 1938 lo Zululand (Sud Africa). Per quanto attiene alle Fondazioni, nel 1912 si ebbe la prima fondazione dell´Ordine in Canada; nel 1921 in Argentina, nel 1935 nel Transvaal; nel 1939 in Uruguay; nel 1943 in Spagna; nel 1946 in Bolivia; nel 1947 in Irlanda; nel 1948 in Messico; nel 1951 in Australia; nel 1952 in Venezuela; nel 1963 in Colombia; nel 1964 in Germania; nel 1974 in India; nel 1984 in Mozambico; nel 1985 nelle Filippine; nel 1987 in Uganda; nel 1993 in Albania; senza dire delle rifondazioni in Ungheria (Eger) e nella Repubblica Ceca.. Nel 1943 viene aperta a Londra da Joan Bartlett la Servite House che diverrà l´Istituto secolare Servitano, mentre nel 1959 nasce l´istituto secolare Regnum Mariae. Nel 1987, per iniziativa del priore generale Michel M. Sincerny, nasce l´Unione Internazionale della Famiglia Servitana (UN.I.FA.S). Dopo il Concilio ecumenico Vaticano II, l´Ordine procede alla revisione delle proprie Costituzioni: revisione iniziata con il Capitolo generale straordinario del 1968 (Majadahonda, Madrid) e conclusa con l´approvazione della Santa Sede avvenuta nel 1987. Nel 1964 l´Ordine registra il maggior incremento numerico dopo la prima metà del Settecento, arrivando a sfiorare le 1700 unità. Altri eventi di rilievo del Novecento sono la nascita della Pontificia Facoltà Teologica Marianum (1950), la beatificazione (1952) e la canonizzazione (1962) di fra Antonio M. Pucci; la creazione nel 1959 dell´Istituto Storico dell´Ordine; la nascita, dopo il Concilio Vaticano II, della Commissione internazionale permanente per la Liturgia (CLIOS); l´affermarsi delle riviste scientifiche Studi storici dell´Ordine dei Servi di Maria, fondata nel 1931 e Marianum, fondata nel 1939. Da ricordare inoltre la canonizzazione di Clelia Barbieri, fondatrice delle Minime dell´Addolorata, la beatificazione di Ferdinando Maria Baccilieri dell´Ordine secolare dei Servi di Maria (1997) e di sr. Maria Guadalupe Ricart Olmos (2001), claustrale spagnola, martire durante la guerra civile di Spagna. Figure di rilievo del Novecento dei Servi furono fra Henri Alexis M. Lépicier (1863-1936), priore generale e cardinale; Gabriele M. Roschini (1900-1977), insigne mariologo; Gioachino M. Rossetto (1880-1935), primo missionario dei Servi in Africa; James M. Keane (1901-1975) per l´avvio dell´Ordine in Irlanda e in Australia, e i giovani fra Venanzio M. Quadri (1916-1937) e fra Gioacchino M. Stevan (1921-1949), dei quali è in corso la causa di beatificazione. Una menzione particolare meritano i frati Giovanni M. Vannucci (morto nel 1984), mistico e autore di importanti scritti, e il poeta fra David M. Turoldo (morto nel 1992). 

David Maria Turoldo


Fonte tratta da www.addoloratatrieste.it

mercoledì 9 febbraio 2011

FuocoAcceso: Il sentimento non è la totalità dell'amore

FuocoAcceso: Il sentimento non è la totalità dell'amore: "«l'amore non è soltanto un sentimento. I sentimenti vanno e vengono. Il sentimento può essere una meravigliosa scintilla iniziale, ma non..."

CRISTO LIBERA: PROVOCAZIONE

CRISTO LIBERA: PROVOCAZIONE: "Domanda, Se conosceste una donna che si trova in stato interessante, che ha già otto figli, tre dei quali sono sordi, due sono ciechi, uno ..."

martedì 8 febbraio 2011

Il Beato Carlo Gnocchi


Carlo Gnocchi, terzogenito di Enrico Gnocchi, marmista, e Clementina Pasta, sarta, nasce a San Colombano al Lambro, vicino Lodi, il 25 ottobre 1902. Rimasto orfano del padre all'età di cinque anni Carlo si trasferisce a Milano con la madre e i due fratelli Mario e Andrea. Non molto tempo dopo entrambe i fratelli moriranno di tubercolosi.
Carlo, di salute cagionevole, trascorre sovente lunghi periodi di convalescenza a Montesiro, paesino della Brianza, presso una zia.

Carlo Gnocchi entra in seminario alla scuola del cardinale Andrea Ferrari e nel 1925 viene ordinato sacerdote dall'Arcivescovo di Milano, Eugenio Tosi. Don Gnocchi celebra la sua prima messa il 6 giugno a Montesiro.

Il primo impegno del giovane Don Carlo Gnocchi è quello di assistente d'oratorio: prima a Cernusco Sul Naviglio, vicino Milano, poi dopo solo un anno nella popolosa parrocchia di San Pietro in Sala, a Milano. Grazie al suo operato raccoglie stima, consensi e affetto tra la gente tanto che la fama delle sue doti di ottimo educatore giunge fino in Arcivescovado.

Nel 1936 il Cardinale Ildefonso Schuster lo nomina direttore spirituale di una delle scuole più prestigiose di Milano: l'Istituto Gonzaga dei Fratelli delle Scuole Cristiane. In questo periodo Don Gnocchi studia intensamente e scrive brevi saggi di pedagogia.

Sul finire degli anni '30 il Cardinale Schuster gli affida l'incarico dell'assistenza spirituale degli universitari della Seconda Legione di Milano, che comprende in buona parte studenti dell'Università Cattolica oltre che molti ex allievi del Gonzaga.

Nel 1940 l'Italia entra in guerra e molti giovani studenti vengono chiamati al fronte. Don Carlo, coerente alla tensione educativa che lo vuole sempre presente con i suoi giovani anche nel pericolo, si arruola come cappellano volontario nel battaglione "Val Tagliamento" degli alpini: la sua destinazione è il fronte greco albanese.

Terminata la campagna nei Balcani, dopo un breve intervallo a Milano, nel 1942 Don Carlo Gnocchi riparte per il fronte. Questa volta la meta è la Russia, con gli alpini della Tridentina.
Nel gennaio del 1943 inizia la drammatica ritirata del contingente italiano: Don Gnocchi, caduto stremato ai margini della pista dove passava la fiumana dei soldati, viene miracolosamente soccorso, raccolto da una slitta e salvato.
È proprio in questa tragica esperienza che, assistendo gli alpini feriti e morenti e raccogliendone le ultime volontà, matura in lui l'idea di realizzare una grande opera di carità che troverà compimento, dopo la guerra, nella "Fondazione Pro Juventute".

Ritornato in Italia nel 1943, Don Gnocchi inizia il suo pellegrinaggio attraverso le vallate alpine, alla ricerca dei familiari dei caduti, per dare loro un conforto morale e materiale.
In questo stesso periodo aiuta molti partigiani e politici a fuggire in Svizzera, rischiando in prima persona la vita: viene arrestato dalle SS con la grave accusa di spionaggio e di attività contro il regime.

A partire dal 1945 comincia a prendere forma concreta quel progetto di aiuto ai sofferenti pensato negli anni della guerra: Don Gnocchi viene nominato direttore dell'Istituto Grandi Invalidi di Arosio (Como), e accoglie i primi orfani di guerra e i bambini mutilati. Inizia così l'opera che porterà Don Carlo Gnocchi a guadagnare sul campo il titolo più meritorio di "padre dei mutilatini".

Le richieste di ammissione arrivano da tutta Italia e ben presto la struttura di Arosio si rivela insufficiente ad accogliere i piccoli ospiti. Nel 1947 viene concessa in affitto - ad una cifra del tutto simbolica - una grande casa a Cassano Magnano, nel varesotto.

Nel 1949 l'Opera di Don Gnocchi ottiene un primo riconoscimento ufficiale: la "Federazione Pro Infanzia Mutilata", da lui fondata l'anno precedente per meglio coordinare gli interventi assistenziali nei confronti delle piccole vittime della guerra, viene riconosciuta ufficialmente con Decreto del Presidente della Repubblica.
Nello stesso anno il Capo del Governo, Alcide De Gasperi, promuove Don Carlo Gnocchi consulente della Presidenza del Consiglio dei Ministri per il problema dei mutilatini di guerra.
Da questo moment, uno dopo l'altro, vengono aperti nuovi collegi: Parma (1949), Pessano (1949), Torino (1950), Inverigo (1950), Roma (1950), Salerno (1950) e Pozzolatico (1951).

Nel 1951 la "Federazione Pro Infanzia Mutilata" viene sciolta e tutti i beni e le attività vengono attribuiti al nuovo soggetto giuridico creato da Don Gnocchi: la "Fondazione Pro Juventute", riconosciuta con Decreto del Presidente della Repubblica l'11 febbraio 1952.

Nel 1955 Don Carlo lancia la sua ultima grande sfida: si tratta di costruire un moderno centro che costituisca la sintesi della sua metodologia riabilitativa. Nel settembre dello stesso anno, alla presenza del Capo dello Stato, Giovanni Gronchi, viene posata la prima pietra della nuova struttura nei pressi dello stadio Meazza (San Siro) a Milano.

Vittima di una malattia incurabile Don Gnocchi non riuscirà a vedere completata l'opera nella quale aveva investito le maggiori energie: il 28 febbraio 1956, la morte lo raggiunge prematuramente presso la Columbus, clinica di Milano dove è da tempo ricoverato per una grave forma di tumore.

I funerali, celebrati il giorno 1 marzo dall'arcivescovo Montini (poi Papa Paolo VI), furono grandiosi per partecipazione e commozione. La sensazione generale era che la scomparsa di Don Carlo Gnocchi avesse privato la comunità di un vero santo. Durante il rito venne portato al microfono un bambino. Un'ovazione seguì le parole del fanciullo: "Prima ti dicevo: ciao don Carlo. Adesso ti dico: ciao, san Carlo". A sorreggere la bara c'erano quattro alpini; altri portavano sulle spalle i piccoli mutilatini in lacrime. Tra amici, conoscenti e semplici cittadini erano in centomila a gremire il Duomo di Milano e la sua piazza. L'intera città listata a lutto.

Proprio il giorno del funerale esce un piccolo libro da lui scritto con le sue ultime forze, come una sorta di testamento, che condensa tutta la sua vita e il suo sacerdozio, la sua opera in mezzo alla gioventù delle parrocchie, dell'Istituto Gonzaga, di cappellano militare, ma soprattutto in mezzo al dolore dei piccoli e dei più giovani, per dare ad ogni lacrima, a ogni goccia di sangue sparsa, il significato e il valore più alto.

L'ultimo gesto apostolico di Don Gnocchi è stato la donazione delle cornee a due ragazzi non vedenti - Silvio Colagrande e Amabile Battistello - quando in Italia il trapianto di organi non era ancora disciplinato da apposite leggi. Il doppio intervento, eseguito dal prof. Cesare Galeazzi, riuscì perfettamente. La generosità di Don Carlo che ebbe anche in punto di morte e l'enorme impatto che il trapianto e i risultati dell'operazioni ebbero sull'opinione pubblica impressero un'accelerazione decisiva al dibattito. Nel giro di poche settimane venne varata una legge sul tema.

Trent'anni dopo la mortedi Don Carlo Gnocchi il cardinale Carlo Maria Martini istituirà il Processo di Beatificazione. La fase diocesana avviata nel 1987 si è conclusa nel 1991. Il 20 dicembre 2002 Papa Giovanni Paolo II lo ha dichiarato venerabile. Nel 2009 il cardinaleDionigi Tettamanzi annuncia che la beatificazione avverrà il 25 ottobre dello stesso anno.

Fonti tratte da www.biografieonline.it

Libro consigliato di Don Gnocchi: Cristo con gli alpini, Mursia, 2008



"Dio fu con loro, ma loro furono degni di Dio" (Beato C. Gnocchi)



lunedì 7 febbraio 2011

Paolo Ricca, Le ragioni della fede



Le ragioni della fede un libro di Paolo Ricca, editrice Claudiana

In questi ultimi anni si sono moltiplicati i libri contro la fede cristiana e, più in generale, la religione in ogni sua forma ed espressione. Libri quali L'illusione di Dio di Richard Dawkins, Dio non è grande di Christopher Hitchens, sottotitolato Come la religione avvelena ogni cosa, o Perché non possiamo essere cristiani di Piergiorgio Odifreddi forniscono ragioni per non credere e si prefiggono di dimostrare che l'ateismo è il traguardo dell'"uomo adulto", l'approdo inevitabile della ragione libera. Senza polemiche o confutazioni, in queste pagine Paolo Ricca intende offrire ai lettori, attraverso una serie di commenti biblici, le "ragioni per credere" e accedere a una fede che non inquina nulla, non ha nulla di assurdo né, tanto meno, di infantile.

Fonti tratte da www.deastore.com


domenica 6 febbraio 2011

La fede nuziale di Santa Rita da Cascia



Andando al Santuario di Santa Rita dentro l'antico monastero si può vedere l'interno della cella che al tempo di S. Rita veniva usata per la correzione di eventuali mancanze gravi contro il Vangelo e la Regola; a differenza delle altre era una cella senza alcuna finestra e con uno spioncino nella porta.

Dentro questa cella, contenuto in un reliquiario, è l’ANELLO NUZIALE di S. Rita, formato da due mani che si stringono fra loro.




Esso ha un grande valore simbolico, ricordando che l’amore autentico richiede fedeltà.
E' un anello molto particolare e molto bello sia per il suo significato che per il modo in cui è fatto.
Fonti tratte da  www.santaritadacascia.org






V Domenica T.O. anno A

BREVE RIFLESSIONE SUL VANGELO DELLA DOMENICA....
"Voi siete la luce del mondo..."
V Domenica delle ferie del Tempo Ordinario - Anno A : Mt 5,13-16
Meditazione del giorno 
Beata Teresa di Calcutta (1910-1997), fondatrice delle Suore Missionarie della Carità 
A Gift for God

« Risplenda la vostra luce davanti agli uomini »
        I cristiani sono come una luce per gli altri, per tutti gli uomini del mondo. Se siamo cristiani, dobbiamo assomigliare a Cristo.

        Se vorrete impararla, l'arte della premura vi farà assomigliare sempre di più a Cristo, perché il suo cuore era umile e era sempre attento ai bisogni degli uomini. Una grande santità comincia con tale premura per gli altri ; per essere bella, la nostra vocazione deve essere piena di tale premura. Dovunque sia andato Gesù, ha fatto il bene. E la Vergine Maria a Cana non pensava a nulla se non ai bisogni altrui, ed a comunicarli a Gesù.

        Un cristiano è un tabernacolo del Dio vivente. Mi ha creata, mi ha scelta, è venuto ad abitare in mezzo a me, perché aveva bisogno di me. Ora che avete imparato quanto Dio vi ama, cosa di più naturale per voi che passare il resto della vostra vita a risplendere di questo amore ? Essere cristiano, è accogliere veramente Cristo e diventare un altro Cristo. È amare così come siamo amati, come Cristo ci ha amati sulla croce.

Meditazione tratta da: www.vangelodelgiorno.org